Alla vigilia delle elezioni venezuelane si ha l’impressione che il plebiscito ampiamente annunciato non venga creduto molto probabile da Maduro e il suo partito Bolivariano. Non solo venerdì scorso Diego Armando Maradona si è fatto vedere in visita ad un quartiere povero e al mausoleo che contiene i resti del defunto fondatore della Repubblica Bolivariana per aiutare la propaganda Chavista, ma si è assistito ad un comizio abbastanza comico del leader che, esibendosi davanti ad una enorme moltitudine di persone con un uccellino sulla testa, tentava di far credere che questo povero animale fosse il contatto ultraterreno con Chavez. Siamo veramente al delirio dopo che l’attuale potere aveva fatto chiaramente capire come l’elezione al soglio di Papa Francesco fosse stata “raccomandata” dal defunto leader.
Ha un bel daffare il candidato dell’opposizione, Henrique Capriles, a raccomandare gli elettori di votare con la ragione invece che con il cuore, vista la drammatica situazione che il Venezuela sta attraversando, nonostante sia uno dei leader mondiali nella produzione petrolifera.
Sebbene le sue chances di vittoria siano minori rispetto all’officialismo, molti sondaggi lo danno addirittura in pareggio e la macchina propagandistica del potere, in barba ad una vigilia elettorale dove è bandita qualsiasi pubblicità, continua a bombardare la popolazione attraverso i canali della tv pubblica di spot a trasmissioni ovviamente a favore dell’attuale conduzione, provocando la giusta protesta dell’opposizione.
I lettori del Sussidiario seguono già da tempo la telenovela di questa tornata elettorale, di somma importanza, seguita alla morte di Chavez e proprio nell’attesa di questo trapasso, che molti osservatori hanno sospettato nella sua tempistica, si sono succeduti fatti di straordinaria importanza che hanno fatto chiaramente capire il disagio, per non dire la crisi, in atto nel partito Bolivariano .
Dapprima la totale mancanza di notizie sulle condizioni del leader e la ridda di ipotesi che venivano grottescamente smentite al punto di far sembrare imminente un suo rientro da Cuba, dove era ricoverato, per riprendere le sue funzioni. Poi l’assurdo decreto che nella pratica smentiva la stessa Costituzione votata dal partito di potere che impone elezioni entro 30 giorni qualora il candidato eletto fosse impossibilitato ad esercitare le funzioni presidenziali, concedendo a Chavez un lasso di tempo indeterminato per recuperarsi. Ma le notizie che pervenivano non solo da Cuba, con l’equipe medica internazionale a litigare al capezzale del moribondo per obbedire all’ordine di Raul Castro di farlo rientrare in Patria, ma pure da ambienti vicini al successore designato, Maduro, parlavano di immense difficoltà interne dovute alla scarsa fiducia che l’ala oltranzista del Partito nutriva (e nutre) per il “delfino” chavista.
E’ così ad un certo punto un compromesso deve essere stato trovato e “finalmente” il leader, almeno ufficialmente, ha potuto rientrare in Venezuela e morire in pace.
L’attesa della soluzione di questo rebus aveva provocato nel Paese Caraibico una ondata di proteste popolari che chiedevano lumi sulle vere condizioni di Chavez: questo fatto, di enorme importanza visto che si apriva una breccia nel fino allora compatto fronte del Partito Bolivariano, deve aver provocato parecchie incertezze sull’esito del supposto suffragio popolare di questa domenica. Cosa che ha fatto muovere meccanismi che in verità hanno amplificato ulteriormente la sensazione di paura che pervade l’attuale potere. Che ha chiesto aiuto ai vicini amici: non solo Maradona, ma dall’Argentina è attesa anche la stessa Presidente Cristina Fernandez de Kirchner che si sommerà nei festeggiamenti per la sicura vittoria, curiosamente allontanandosi dal proprio Paese giusto il giorno della protesta generale convocatasi via internet il 18 novembre. Sarà forse per il debito di 32.000 milioni di dollari che l’Argentina ha contratto con l’ex Presidente Venezuelano, come afferma nei suoi comizi Capriles?