La morte di Margaret Thatcher (di cui oggi si celebrano i funerali) ha scatenato gli animi.

Forse è il segnale più evidente che stiamo parlando di un personaggio eccezionale.

Colpisce il fatto che alcuni abbiano celebrato la sua scomparsa come una specie di liberazione, come se quella donna anziana rappresentasse una qualche minaccia. Tempo fa gente “illustre” come Elton John, con la sua famosa “Merry Christmas Maggie Thatcher”, desiderava che l’allora primo ministro potesse passare a miglior vita.



Tralasciando questi estremi, criticare le politiche di Maggie è diventato uno dei pochi segnali d’identità che restano ai socialdemocratici, ed esaltarle uno degli scarsi tratti distintivi dei liberali. Ormai quasi nessuno sa bene cos’è la socialdemocrazia o il liberalismo, salvo quando si parla della signora Thatcher.



Senza dubbio la fermezza, la coerenza e l’altezza di vedute hanno dominato il suo modo di fare politica. E in questo è stata ammirabile.

Ma urge fare una valutazione, più precisa possibile, su quel che ha fatto concretamente. Non stiamo infatti parlando del passato. Questo tema ha a che fare con quello che gli europei in generale, e i britannici in particolare, possono fare del cosiddetto Welfare State.

E per fare questa valutazione è interessante il lavoro di Phillip Blond. Blond è un intellettuale difficilmente classificabile. È filosofo e teologo. È stato tra i consulenti della prima ora del governo di David Cameron, ma ora si mostra molto critico verso l’esecutivo. Nel suo libro “Red Tory”, sostiene che la Thatcher fallì nel suo intento di generare un’alternativa al paternalismo statalista che si era sviluppato nel Regno Unito dopo la Seconda guerra mondiale, perché fu più liberale che conservatrice. Mise fine all’insopportabile protagonismo dei sindacati e prese molti provvedimenti che ruppero un’inerzia che “deresponsabilizzava” la popolazione.



Ma alla fine la politica delle privatizzazioni mise nelle mani del mercato, del capitale, quello che prima era dello Stato. “Il fondamentalismo del libero mercato sostituì alcuni monopoli con altri”.

Il potere non tornò alla società, ma rimase nelle mani delle grandi corporazioni. “L’individualismo creato dallo Stato/Mercato non può generare un’autentica società”, spiega Blond. Blond ha sintetizzato le sue tesi nel suo lavoro più recente “Rise of Red Tories”, nel quale spiega che la Thatcher lottò contro il corporativismo e lo statalismo, ma ha mancato il bersaglio: “Invece di sostenere la classe media, lo Stato ha perso il suo peso in favore dei proprietari. I benefici della politica degli anni ‘80 furono quindi per le classi alte. La classe media si indebitò e i poveri caddero sempre più giù. Il Regno Unito rimase bloccato in un capitalismo di classe”.

La politica della Lady di ferro è stato il germe dell’attuale crisi. L’esempio si ha in quel che è successo nel settore finanziario.

Il crac delle banche si deve, in buona parte, ai grandi gruppi che assorbirono il tessuto degli enti locali e regionali.

Fuggirono dal controllo e dalla relazione con la società nella quale erano nati, dall’economia reale.

Blond è convinto che l’alternativa allo statalismo non è un liberalismo che assolutizza le privatizzazioni e il mercato, ma una politica che dà più protagonismo alla società.

Questo è ciò che non seppe fare la Thatcher. Il mercato non trasforma, magicamente, l’egoismo privato in bene comune.