“I miliziani colpiscono i cristiani perché rappresentano la risorsa più preziosa per la coesione nazionale in una Siria lacerata dalle divisioni”. Ad affermarlo è l’arcivescovo Gregorio III Laham, patriarca cattolico dei Melchiti con sede a Damasco, dopo che due vescovi siriani sono stati rapiti vicino ad Aleppo. Per il patriarca siriano, “il primo ruolo dei cristiani è quello di avvicinare le parti tra loro, ribadendo che l’identità nazionale deve prevalere su qualsiasi motivo di scontro”. Proprio per questo pochi giorni fa l’arcivescovo ha scritto una lettera aperta sulla Siria a tutti i capi di Stato arabi e mondiali, invitandoli ad abbandonare la via delle armi e a ripercorrere quella del dialogo e della riconciliazione.



Qual è stata la sua reazione di fronte alla notizia del rapimento dei due vescovi?

Siamo senza parole dinanzi a questa situazione, con rapimenti che colpiscono donne, anziani, bambini, sacerdoti e perfino due vescovi. Uno dei due rapiti, Bulos al-Yaziji, è fratello del patriarca greco-ortodosso di Antiochia, Youhanna al-Yaziji, la massima autorità dei cristiani ortodossi. L’altro invece, Yohanna Ibrahim, è molto conosciuto in tutto il mondo per il suo impegno come rappresentante di pace e di riconciliazione. Di fronte a quanto è avvenuto non possiamo che sottolineare nuovamente l’importanza della pace, della saggezza, del consenso internazionale per porre fine a questa tragedia.



La pace è più importante della stessa libertà e democrazia?

Condivido le richieste di democrazia e libertà, ma il metodo con cui si sta cercando di perseguirle in Siria sono inumani. Esiste una via migliore, fatta di amicizia, di amore, di dialogo e di riconciliazione. I rifugiati siriani si contano ormai a milioni, si tratta di persone che non hanno nulla da mangiare né un posto dove dormire, gente che ha perso tutto. Dobbiamo quindi essere apostoli della riconciliazione e del dialogo, è questo il nostro scopo come cristiani, come capi e come pastori. I due vescovi sono stati rapiti vicino ad Aleppo.



Com’è la situazione in questa zona della Siria?

Aleppo è un caso molto speciale, la sua situazione è la più difficile perché questa città si è trasformata in una grande prigione. I suoi abitanti sono intrappolati al suo interno, e quindi fuggono da un quartiere all’altro perché non hanno alternative. Quando una zona è in pericolo, si recano in un’altra parte della città. Aleppo però ha una sola uscita molto pericolosa, che nessuno osa varcare.

 

Com’è il clima all’interno della città?

Gli abitanti di Aleppo si trovano in una grande difficoltà, che riguarda tanto i cristiani quanto i musulmani. Nella Città vecchia di Aleppo si trovano infatti cristiani e musulmani insieme, dunque la situazione è uguale per tutti. Le parrocchie di Aleppo sono solidali con tutti e forniscono ogni giorno quasi 15mila pranzi gratuiti a chi è rimasto senza più nulla. C’è quindi una solidarietà straordinaria, pur nella tragedia che sta vivendo la città.

 

Dietro il rapimento dei due vescovi c’è anche un progetto per cancellare la presenza dei cristiani in Siria?

Il progetto non è solo quello di colpire i cristiani, ma di mettere tutte le parti l’una contro l’altra per trasformare la crisi siriana in un conflitto interreligioso. Il primo obiettivo è quello di aizzare gli odi tra sunniti e sciiti, ma anche tra musulmani e cristiani. E’ una strumentalizzazione della religione per fomentare l’odio nel Paese. Di fatto quindi, anche se l’obiettivo non è quello di colpire i cristiani in quanto tali, quanto sta avvenendo li porta a fuggire dalla Siria. E il risultato è che si contano quasi 400mila profughi cristiani, sia all’interno della Siria sia all’esterno del Paese, soprattutto in Libano e Giordania.

 

La Chiesa cattolica è impegnata solo sul fronte dell’assistenza ai bisognosi, o anche sul piano degli sforzi diplomatici?

Il primo ruolo dei cristiani è quello di avvicinare le parti tra loro, sia quindi l’opposizione sia il governo. Siamo convinti che il nostro scopo non sia quello di dichiarare che siamo a favore del regime o dei ribelli, ma di ribadire che noi cristiani siamo siriani animati dal desiderio di aiutare tutti i nostri connazionali, a prescindere dal fatto che siano con o contro Assad. Si tratta di un ruolo fondamentale, che svolgiamo sia all’interno del Paese, sia a livello internazionale nei nostri rapporti con il Papa e le Conferenze episcopali di tutto il mondo. Proprio per questo dieci giorni fa ho scritto una lettera aperta a tutti i capi di Stato arabi e mondiali, invitandolo a dire basta alle armi, alla violenza e al terrorismo e a scegliere la via evangelica del perdono e del dialogo. Infine, desidero chiedere a tutti gli italiani di pregare per la Siria: in questo momento è l’unica cosa che può salvarci.

 

(Pietro Vernizzi)

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