Non è stata sufficiente una massiccia presenza popolare nella Plaza del Congresso, né i due milioni di persone che il 18 aprile scorso in tutta l’Argentina hanno protestato nelle piazze contro quello che poi, tra votazioni sfacciatamente fraudolente e procedure che violano apertamente la Costituzione del Paese, si è rivelato agli occhi anche dei più increduli: alle ore 5.40 di ieri mattina si è sviluppato un colpo di Stato istituzionale dove in pratica il potere kirchnerista, con una strettissima e dubbia maggioranza, ha ottenuto l’ultimo tassello che gli mancava per consegnare l’ex democrazia nelle mani di una dittatura oligarchica: il controllo del potere giudiziario sarà d’ora in poi nelle piene mani dell’attuale maggioranza politica. Certo, manca ancora la votazione al Senato, ma il cammino è ormai segnato.
Questo passo di estrema gravità istituzionale, in nome di una giustizia che di “nazionale e popolare” ha ben poco e richiama a immagini tanto care all’Europa degli anni ’30 (o all’Argentina dell’ultima dittatura), costituisce il colpo di coda di un regime che, nell’imbarazzo per la serie ormai infinita di scandali che lo attraversano, sta portando il Paese verso l’ennesima crisi economica, frutto di politiche aberranti, partorite da un potere che dimostra di non possedere il benché minimo conoscimento per tentare di fornire, ad una Nazione da sempre ricca di risorse naturali, un modello di benessere generale che non sarebbe difficile da realizzare anche nell’ambito dell’attuale crisi mondiale.
Che il potere politico metta le mani su quello giudiziario significa anche la fine di qualsiasi libertà di espressione in Argentina, giacchè proprio l’indipendenza della magistratura aveva permesso di respingere molti articoli della legge sui media che di fatto ora consegnano i mezzi d’informazione nelle mani del kirchnerismo, che attraverso il controllo giudiziario sarà in grado di rimuovere i giudici a lui non favorevoli.
L’accelerazione nella votazione di questo “golpe” ha subito una spinta considerevole allo scoppio di uno scandalo, l’ennesimo, che coinvolge non solo l’attuale potere rappresentato dal Presidente (ma sarà il caso di chiamarla cosi?) Cristina Fernandez de Kirchner, ma anche il defunto marito Nestor: la scoperta da parte del giornalista Jorge Lanata di un gigantesco traffico di lavaggio di denaro proveniente da affari illeciti e narcotraffico, facente capo a una cinquantina di società situate in paradisi fiscali ed in Svizzera, completamente autorizzata dall’ex Presidente Kirchner e che fa capo a un gruppo di personaggi dell’entourage politico.
Capita così che mentre a un comune mortale è in pratica impedito di recarsi all’estero perchè impossibilitato a cambiare valuta in misura tale da potersi mantenere, da Buenos Aires partivano, e partono, giornalmente aerei pieni di soldi in contanti, necessariamente Euro perchè di valore superiore a equivalenza di peso. Persone senza arte né parte che d’improvviso, facendosene prestanome, governano società con giri di milioni e che ostentano sfarzi da mille e una notte e auto Ferrrari. Insomma, la rivisitazione in chiave kirchnerista del potere menemista (guarda caso altra costola del peronismo) tanto odiato ora ma che viene replicato in ogni sua nefasta azione. Ma non solo gli eventuali responsabili di questo la faranno franca, pure quelli dell’incidente ferroviario della stazione Once, che ha lasciato 51 vittime, nelle cui indagini è implicato l’ex presidente dei trasporti Jaime (che ieri è stato accusato dal Governo Brasiliano di aver intascato tangenti pure sulla vendita di aerei Embraer ad Aerolineas Argentinas). Pure l’attuale vicepresidente Bodou, implicato in uno scandalo per la sovra fatturazione di una ditta fallita che si occupava della stampa di banconote.
Improvvisamente l’Argentina si ritrova a vivere una dittatura che ha nelle sue mani l’arma dell’economia, ormai completamente statalizzata. Non ci sono più le mitragliatrici e i Ford Falcon verdi che contraddistinsero la genocida dittatura militare a cavallo tra gli anni settanta e ottanta. Al loro posto una oligarchia che in nome del popolo ha badato, e bada , sopratutto ad arricchirsi instaurando un vero fascismo, un gruppo politico di cui fanno ancora parte tanti militanti di organizzazioni politiche terroristiche che negli anni bui combattevano in nome di una libertà che hanno terminato di infangare in queste ore. A dimostrazione, quasi matematica, che gli opposti quasi sempre si attraggono.