Per un osservatore italiano quello che è accaduto giovedì a Dallas ha dell’incredibile. Immaginatevi una grande celebrazione ad Arcore nella quale si ritrovano, ridendo tra una battuta e l’altra, Berlusconi, Monti, Prodi, D’Alema e Amato, e, al momento dei discorsi ufficiali Romano Prodi esalta le virtù umane e presidenziali di Berlusconi. Impossibile direte voi, ma giovedì 25 è accaduto nel profondo sud degli Stati Uniti. È tradizione che gli ex-presidenti americani, alla fine del loro mandato, si ritirino dalla politica attiva dedicandosi ad attività filantropiche e culturali, istituendo centri di ricerca e fondazioni; giovedì a Dallas si è svolta l’inaugurazione della Presidential Library dedicata al 43mo presidente della storia degli Stati Uniti, George W. Bush, figura che al solo nome richiama innumerevoli controversie, sia in Europa che in America.



Durante questa celebrazione si sono ritrovati insieme nell’ordine Barack Obama, George W. Bush, Bill Clinton, George Bush senior e Jimmy Carter (first ladies incluse). Già questo fatto, in un’Italia affaticata da 20 anni di scontro politico feroce e di contrapposizione ideologica senza mezze misure, appare strano. Se a ciò si aggiunge il discorso con il quale Barack Obama ha elogiato Bush si rimane senza parole.



Il Presidente in carica ha descritto l’avversario repubblicano come un “brav’uomo” che ha mostrato la sua “sincerità e generosità” a partire dalla lettera che gli lasciò sulla scrivania il giorno del suo insediamento, che conteneva utili consigli per il suo mandato. Obama poi ripercorre la gioventù di Bush, l’incontro con la moglie e l’educazione dei suoi figli fino a riconoscerne i meriti politici che si protraggono ancora oggi: infatti ricorda che se il Congresso approverà la riforma dell’immigrazione “sarà in buona parte merito del duro lavoro del presidente George W. Bush”.



Forse è anche il modello istituzionale americano a favorire una tale stima e collaborazione tra avversari che non mancano di affrontarsi con tutta la veemenza che spesso lo scontro politico richiede (basta ascoltare le durissime parole di Obama dopo la mancata approvazione della legislazione sulle armi da fuoco); infatti con le elezioni di midterm si crea spesso una situazione in cui il partito del presidente in carica non è più lo stesso che possiede la maggioranza in una o in entrambe le camere, situazione che obbliga ad andare nella direzione di proposte condivise, una sorta di larga intesa istituzionalmente sancita.

Lungi dal non guardare ai numerosi problemi e alle notevoli differenze del sistema politico statunitense, quello che è successo giovedì è un esempio interessante su cosa può accadere quando l’avversario politico non è concepito come il nemico da abbattere a ogni costo, ma come una risorsa, utile ad avere un orizzonte più ampio sui problemi della società e dei suoi componenti, senza rinunciare alla propria identità politica, ma, proprio perché certi di questa, liberi di giocarsela con chi la pensa diversamente. In questo caso è giusto dire: God bless America!

 

(Francesco Seghezzi)