Il primo ministro siriano Wael al-Halki è sopravvissuto a un attacco bomba contro il suo convoglio a Damasco, nel corso del quale sono morte sei persone. L’attentato ha colpito il distretto di Mezze poco dopo le 9 di ieri mattina, falciando la vita di un uomo che accompagnava Halki e di cinque passanti. Ilsussidiario.net ha intervistato l’inviato della Rai, Amedeo Ricucci, liberato da pochi giorni dopo essere stato fermato nel nord della Siria insieme ad altri tre giornalisti italiani. Come reso noto ieri, da 20 giorni anche l’inviato de La Stampa, Domenico Quirico, è scomparso in Siria dove si trovava per una serie di reportage nella zona di Homs. Dopo giorni e giorni di ricerche da parte della Farnesina, non è emersa ancora nessuna traccia.
Ricucci, che cosa ne pensa di questo nuovo attentato che insanguina la Siria?
Quella che è stata piazzata sul convoglio sul quale viaggiava il primo ministro Halki era evidentemente un’autobomba messa dai ribelli. Jabhat al-Nusra, ma anche il Free Syrian Army, ormai da mesi e mesi compiono azioni nel cuore di Damasco. Contrariamente a quanto il regime continua a dire, i combattimenti sono ormai nella stessa Capitale. C’è un sobborgo di Damasco, Daraya, che è sotto il pieno controllo dei ribelli, ci sono altre zone come quella dell’aeroporto dove si combatte da mesi.
Intanto però il regime è stato in grado di riaprire l’autostrada tra Damasco e Latakia, sul Mar Mediterraneo …
Che il regime si stia rafforzando in alcune aree è a sua volta vero, così come è vero che i ribelli stanno consolidando le loro posizioni in altre zone. La situazione generale è quella di stallo sul piano militare. Il regime non ha la forza per imporre il suo controllo sul territorio, l’unico modo per farlo sarebbe schierare le sue truppe in funzione di ordine pubblico. Non l’ha fatto nel Nord della Siria, tanto è vero che da Aleppo si è in parte ritirato come è avvenuto anche in altre città. La ragione è semplice, il regime non si fida dei suoi stessi soldati, che sono in stragrande maggioranza sunniti e che quindi una volta schierati a presidio delle strade molto probabilmente diserterebbero, come hanno già fatto a migliaia.
Come è possibile conciliare la verità dei ribelli e quella di chi teme il prevalere del fondamentalismo islamico?
In Siria non esistono due verità contrapposte e due versioni dei fatti. I fatti sono quelli e non si sfugge: è in atto una rivolta di popolo, una rivoluzione contro una dittatura che c’è da 40 anni. Che poi all’interno di questa rivoluzione di popolo si debba distinguere tra gruppi jihadisti, gruppi nazionalisti, elementi islamisti, elementi laici, è tutto vero, purché non si dimentichi questa verità assoluta: in Siria c’è un popolo che è insorto contro la dittatura. Basta guardare le migliaia di manifestazioni di piazza pacifiche che ci sono state nel primo anno della rivoluzione siriana. Le folle oceaniche che hanno manifestato contro Bashar al-Assad sono un dato di fatto di per sé sufficiente. Ad Aleppo io sono stato sotto le bombe giorno dopo giorno per tre settimane, chi lo nega va quindi contro quello che ho visto con i miei occhi.
Chi controlla oggi Aleppo?
Aleppo è controllata al 70% dal Free Syrian Army. La città è stata in buona parte liberata già in ottobre, quando c’ero io, esistono dei combattimenti ristretti in alcune aree, ci sono dei combattimenti ancora in corso nella zona dell’aeroporto. Nelle mani del regime restano il quartiere cristiano che è bombardato e la cittadella di Aleppo. Il governo di Assad è giunto al punto di distruggere la grande moschea degli Omayyadi.
Lei ha assistito ai combattimenti di persona?
Io mi sono trovato nel mezzo dei combattimenti nella moschea, quando né andò distrutta soltanto una parte. Di recente sono stati pubblicati foto e video che dimostrano come la moschea sia stata distrutta completamente. Il sito Sirialibano.com, gestito da Lorenzo Trombetta, da due anni fa le pulci su ciascun caduto nella guerra. Questo giornalista non è tacciabile di essere di parte e lavora per l’Ansa, purtroppo non sempre ottiene l’attenzione che merita.
(Pietro Vernizzi)