Nel 1979 ero una bambina di sette anni di New York quando Etan Patz, un bambino dell’asilo, venne rapito mentre andava alla fermata dell’autobus, proprio alcuni isolati da dove abitavo. Il suo rapimento mi è rimasto, e sempre rimarrà, impresso nella memoria, ma non sono l’unica, perché esso provocò un radicale cambiamento dell’intera nazione nell’attenzione alla scomparsa di bambini e sulle modalità con cui affrontare questi eventi.
A quel tempo, anche i genitori più apprensivi potevano far andare i loro figli da soli a prendere l’autobus, ora invece ben pochi si azzarderebbero. Il padre di Etan, un fotografo, riprodusse l’immagine di suo figlio sui cartoni del latte (cosa poi che si è diffusa) nella speranza di poter così rintracciare il suo amato bambino. Non gli è stato possibile. Il padre di Etan dice di sapere chi lo ha preso, ma il suo corpo non è mai stato ritrovato. La ferita della sua assenza è leggibile sulla faccia dei suoi genitori, quando li incontriamo per la strada o al supermercato.
Spostiamoci 34 anni dopo a Cleveland, nell’Ohio, dove sono state ritrovate questa settimana tre ragazze rapide una decina di anni fa in occasioni diverse. Amanda Berry, Gina DeJesus e Michele Knight hanno vissuto, in tutto questo periodo, prigioniere nella casa di un uomo e dei suoi due fratelli. Amanda, approfittando dell’assenza dei suoi carcerieri, è riuscita a uscire dalla casa, con l’aiuto di un vicino e a chiamare la polizia, in una telefonata piena di panico, che le ha poi liberate. Con loro, una bambina di sei anni, che sembrerebbe la figlia di Amanda Berry.
Sono cambiate molte cose dai tempi di Etan Patz. I genitori sono diventati molto più prudenti rispetto a trent’anni fa. Le notizie sulle sparizioni di bambini hanno immediatamente un gran risalto. I responsabili di reati sessuali devono registrarsi presso la polizia, cosi che chi è i vicini ne siano informati. Quando scompare un bambino, scatta subito lo “amber alert”, l’allarme che denuncia la sparizione di minori. Come per la sicurezza nazionale, anche in questo caso ci sono molti livelli di protezione e, per molti versi, vi è maggiore sicurezza. La violenza da armi da fuoco è diminuita negli ultimi vent’anni e i rapimenti da parte di estranei sono diventati piuttosto infrequenti. “ Se siamo abbastanza prudenti, niente di male (o di veramente male) può capitare ai nostri figli.”, sembrano pensare i genitori americani.
Tuttavia, tutti questi livelli di protezione ci possono illudere. Invece che considerarli una benedizione, i nostri bambini possono venire visti, troppo facilmente, come una responsabilità,un peso o, al meglio, un progetto. Nel proteggere i nostri figli, possiamo diventare colpevoli di una ancor maggiore trascuratezza: dimenticare il dono che, di per sé, ci viene dalla loro esistenza, un dono che è immediatamente visibile a ogni madre di fronte al neonato, ma che può facilmente diventare meno evidente col passare del tempo, se non viene continuamente coltivato.
Amanda Berry, Gina DeJesus e Michele Knight non sono state protette da tutte le precauzioni descritte, né queste sono servite a ritrovarle prima, malgrado fossero prigioniere a poca distanza dalle loro case. Queste tre ragazze hanno sofferto molto e sono facile da immaginare i sordidi dettagli della loro triste storia. La madre di Amanda non è più viva e non può festeggiare il ritorno a casa di sua figlia. Ma prima di cercare di condannare per tutto questo, dobbiamo rallegrarci e sperare che anche noi possiamo amare i nostri figli come un dono e una benedizione, non come pesi o progetti. Avremo sempre accanto le nostre paure, ma ora dobbiamo essere contenti, perché questi amati bambini erano morti, e ora sono vivi. Erano perduti e sono stati ora ritrovati.