I dettagli di questo caso non sono del tutto chiari: sta di fatto che una insegnante di religione cristiana copta è detenuta in carcere con l’accusa di blasfemia. In realtà l’accusa vera e propria non è stata formulata, ma i giudici hanno deciso di trattenerla in carcere per quindici giorni in attesa di svolgere le indagini adeguate. L’insegnante, che lavora in tre differenti scuole della provincia di Luxor, è stata segnalata al preside di una di queste da alcuni studenti, professori e genitori. Parlando di un faraone egizio, la donna avrebbe fatto paragoni con il capo della chiesa copta e con il profeta Maometto, cosa che è stata giudicata blasfema. Immediata la carcerazione in attesa di indagini. L’Egitto dunque sembra scivolare verso la stessa china di paesi come il Pakistan dove l’accusa di blasfemia è usata su larga scala per colpire la minoranza cristiana. Secondo uno studio infatti dal gennaio del 2011 al 31 dicembre 2012 l’accusa di blasfemia è stata utilizzata nel 41% dei casi contro appartenenti alla minoranza cristiana, che è solo il 10% dell’intera popolazione egiziana, circa 83 milioni di persone. Sempre secondo lo studio, si tratterebbe di un tentativo di provocare la reazione dei cristiani per trascinarli in un conflitto aperto contro la maggioranza islamica.