“Sono bianco, e sono sposato da 34 anni”. Vediamo se ce la faccio a finire sulla prima pagina di tutti i giornali. Jason Collins c’è riuscito con “sono nero e sono gay”. Io non sono famoso, ma non è che Collins sia chissà quale celebrità. Gioca – malino – a basketball da parecchi anni, con risultati modesti. Ed infatti continua a cambiar squadra. Volendo scherzarci su, “Grande, grosso e minchione”, come si diceva al mio paesello (che è sempre stato una basketball town), di quelli dotati fisicamente, ma con poco talento.



Fino a ieri questo avrei potuto dirlo senza problema, oggi non più. Perché Collins ha fatto “outing”, il primo atleta di uno dei grandi sports professionistici americani ad azzardare il passo. Così è finito sulla cover di Sport Illustrated dove – perdonatemi, ma è vero – per meriti sportivi non sarebbe mai arrivato. Son due giorni che ci rintronano con ‘sta notizia e i commenti che tutti si sentono in dovere di fare: bravo qui, bravo là, sono orgoglioso di te, un vero esempio per le giovani generazioni, un “role model”… Oh, dico, ma fate sul serio?



Collins è un uomo adulto, libero di vivere la sua vita – e quindi la sua sessualità – come crede. Secondo la società fino a qualche tempo addietro c’erano dei paletti, un perimetro per l’esercizio della suddetta libertà sessuale. Ora i confini si sono andati modificando. Che piaccia o meno a quelli che credono ancora alla “vecchia configurazione delle cose”, così è. E vedremo anche cosa ci dirà la Corte Suprema, se finirà per porre il sigillo della legalità su ciò che è già mentalità dominante. Ma perché devono martellarci con una notizia così – diciamo – di “basso profilo”? Voglio dire, con tutto quello che succede nel mondo, con tutto il Bene di cui c’è bisogno nel mondo, non troviamo niente di più significativo da proporre come risposta a guerre, disoccupazione e disastri vari? Non è la sessualità di Collins che mi disturba. Mi rattrista, ma non mi disturba. E’ l’enfasi insensata che non sopporto.



Perché personaggi come Steve Nash, Shaquille O’Neal, Kevin Durant e persino Kobe Bryant (che un paio d’anni fa era stato crocifisso – e multato – per aver “omofobicamente” apostrofato un arbitro) si sentono in dovere di tessere le lodi di Collins? Ci credono davvero? Si sono abituati all’idea? Fanno buon viso a cattivo gioco? Oh, io avrei i miei problemi a trovarmi sotto la doccia con Collins. Cosi come li avrei a condividere lo spogliatoio con delle donne. Abbiamo forse spogliatoi in comune per uomini e donne? Collins sarà certamente una bravissima persona, ma non è un pelino imbarazzante trovarsi come mamma ci ha fatti con persone attratte da quelli del proprio sesso?

Se in questo mondo abbiamo davvero bisogno di esempi, con piena consapevolezza dei miei limiti, drammaticamente cosciente che, ormai alla soglia dei sessant’anni, devo continuare a combattere la battaglia per una affettività che non sia fatta solo di istinto, rilancio la mia proposta: “Sono bianco e sono sposato da 34 anni. Aggiungo, alla stessa donna”. C’è qualcuno che vuol mettermi sulla copertina di un giornale?