Stato laicista e islam radicale allo scontro muscolare in Francia. Da un lato c’è un modello di società tra i più secolarizzati al mondo, con il presidente Hollande che di recente ha introdotto il matrimonio e le adozioni da parte delle coppie omosessuali. Dall’altra c’è una comunità islamica numerosa, politicamente influente e che gode di ingenti finanziamenti da parte di Stati come gli Emirati Arabi. Per arginare la diffusione dell’estremismo islamico nelle carceri francesi, Parigi è giunta ad assumere 60 imam per predicare un’interpretazione tollerante del Corano all’interno dei penitenziari. Ilsussidiario.net ha intervistato Salvatore Abbruzzese.
Ritiene che l’operazione di Hollande nelle carceri francesi possa avere successo?
Il problema fondamentale di questa iniziativa è che qualsiasi impiegato pubblico francese è tenuto al giuramento di fedeltà alla Repubblica e alle leggi dello Stato. E’ abbastanza evidente che ciò pone in essere un conflitto evidente con l’islam radicale. C’è oggettivamente una difficoltà in linea di diritto, e mi domando come questo possa non essere visto da parte dell’islam come un tentativo di inserire una potenziale scissione al suo interno.
Si spieghi, professore.
La dichiarazione di fedeltà alla Repubblica laica francese può essere interpretata dall’ala più radicale come una dichiarazione incompatibile alla fedeltà al Corano, ponendo così le premesse per un conflitto interno alla comunità islamica in quanto tale. Ciò può anche non avvenire, ma non mi stupirei se all’interno dell’islam radicale qualche esponente prendesse le distanze da questi imam/funzionari pagati dallo Stato, i quali non possono essere tali senza riconoscersi nei valori e nei principi giuridici e morali della Repubblica francese. Se ciò per un cattolico non crea particolari problemi, all’interno di un’interpretazione particolare dell’universo islamico potrebbe presentarne parecchi.
Fino a che punto l’islam in Francia rischia di diventare una forza egemonizzante?
Non la definirei una forza egemonizzante. Sicuramente c’è una presenza vistosa, la società e le istituzioni francesi restano però potentemente laiche. Ne è un esempio emblematico l’approvazione della legge sul matrimonio e soprattutto sull’adozione di bambini da parte di coppie gay. Abbiamo assistito a un vero e proprio scontro muscolare determinato da un certo modo di intendere la laicità, anche contro la stessa società francese. E’ a questo livello che vedo in atto un’egemonia molto forte. Tuttavia il fatto che gli Emirati Arabi siano arrivati a finanziare la ricostruzione delle banlieue parigine è sicuramente un elemento importante di cui tenere conto.
Che cosa ne pensa invece della scelta di due ministri francesi di disertare una conferenza cui partecipava l’intellettuale islamico Tariq Ramadan?
Tariq Ramadan è stato accusato di avere contatti con l’universo terrorista, al punto che quando l’Università di Aosta lo ha invitato, la Provincia autonoma ha ritirato la sua presenza e il suo contributo al convegno, bloccando di fatto l’iniziativa. Su Tariq Ramadan c’è una discussione aperta, lo si accusa di avere avuto un atteggiamento condiscendente nei confronti dell’ala più radicale del mondo islamico, inclusi gli ambienti terroristi. Dal 2004 al 2010 le autorità statunitensi gli hanno persino proibito di recarsi sul suolo americano, e solo tre anni fa Hillary Clinton ha deciso di revocarne la messa al bando.
Ritiene che quello di Ramadan sia un caso isolato, o il sintomo di un problema più diffuso?
La vera origine del problema è che l’islam è una realtà religiosa estremamente particolare, in quanto è anche immediatamente una realtà politica. E’ una differenza radicale, non dobbiamo mai dimenticarci che l’islam non è il cristianesimo. Quest’ultimo ha permesso lo Stato laico, ponendone le premesse ontologiche, mentre nel mondo islamico la laicità è un’aberrazione per alcuni e una bestemmia per altri.
(Pietro Vernizzi)