I fatti, purtroppo, li conosciamo tutti. Un tornado, un “twister”, ha flagellato e fatto a brandelli una parte della cittadina di Moore, popoloso sobborgo di Oklahoma City.
Oklahoma, la rossa terra dell’Oklahoma si è fatta ancora più rossa con il sangue di oltre cinquanta vittime tra cui tanti bambini rimasti travolti mentre si trovavano a scuola.
Sedici minuti di preavviso non sono bastati a mettere tutti in salvo, sottoterra, nei rifugi che sono ovunque.
Perché in Oklahoma costruire una casa senza rifugio anti-tornado sarebbe come costruire una casa senza tetto.
Questa è terra di “tornadoes” ed i tornadoes sono “acts of God”: vengono quando vogliono e fanno quello che vogliono, nessuno li può fermare. Gli uomini possono solo lanciare l’allarme, provare a nascondersi ed aspettare. Appena dai centri metereologici ci si rende conto che la terra sta per essere colpita, l’ululato lancinante delle sirene attraversa città e campi.
Gli altoparlanti sono ovunque, anche nel “mezzo del niente”, e l’Oklahoma è fatta in larga parte di terra che è “nel mezzo di niente”.
Ma ieri il tornado ha scelto un centro abitato, molto abitato. Questa è terra di tornados.
Chi c’è nato lo sa bene, chi c’è arrivato lo impara presto. Siamo nella “pancia” degli Stati Uniti d’America, nella “Bible belt”, la “cintura” immaginaria che da est a ovest rappresenta il cuore dell’America protestante.
Anzi, Oklahoma è chiamata “the buckle of the Bible belt”, la “fibbia”, proprio nel bel mezzo.
Che questa sia terra di frequenti tornadoes lo imparai alla mia prima visita, appena sbarcato all’aeroporto.
Mentre sceglievo il “magnet” da portare a casa come primo trofeo di un nuovo Stato raggiunto, Peter, l’amico che mi era venuto ad accogliere, mi mise in mano uno strano oggetto cilindrico, pescato tra le varie cianfrusaglie messe in mostra per i visitatori (l’Oklahoma i turisti non sa neanche cosa siano).
Ce l’ho ancora: lo prendi in mano, lo agiti circolarmente, e dentro si crea un piccolo tornado, come recita a chiare lettere l’etichetta sul cilindro, “Oklahoma Twister”. I tornadoes passano come una rasoiata, lasciando una cicatrice che si stende per una lunghezza e larghezza proporzionali alla loro intensità. Quello di Moore è stato violentissimo, categoria 4 (su un massimo possibile di 5), ha continuato a ferire la terra per oltre 40 minuti, coprendo venti miglia (circa 32km).
Ma soprattutto sorprendente è stata l’ampiezza della “rasoiata”, quasi mezzo miglio.
Cosa si può fare quando la natura decide di colpirci cosi?
“Pregate per noi” – questo è il messaggio che ci arriva da chi ne sta soffrendo. Non ci sono “colpe”, non ci sono “responsabili”.
C’è il Mistero della vita che si dipana, in maniera a noi incomprensibile, e c’è un compito di solidarietà, un duro e doloroso lavoro comune perchè la vita possa riprendere e rifiorire, come quella terra rossa dove non è rimasto un filo d’erba, e dove l’erba rispunterà ancora, tornado dopo tornado.