Ventuno ex militari francesi che combatterono durante la guerra d’Algeria hanno abbracciato e domandato perdono agli ex guerriglieri del Fronte di Liberazione Algerino. Gli ex soldati hanno spiegato che quel momento è stata “una rappacificazione soprattutto con sé stessi e con gli incubi del loro passato”. Combattuta tra il 1954 e il 1962, la guerra di liberazione franco-algerina provocò 153mila morti e rappresenta ancora oggi una ferita aperta nella storia del Paese. Elisa Pinna, caposervizio Ansa ed esperta di Medio Oriente, ha seguito personalmente lo storico incontro.



Qual è il significato storico di quanto è avvenuto ad Algeri?

E’ la prima volta che è stato organizzato un incontro tra i reduci francesi e i loro ex nemici, e ora l’idea è quella di organizzare altri incontri di questo tipo. Ciò si inserisce in un processo di pacificazione lenta tra i due Paesi. Le persone algerine con cui ho parlato mi hanno spiegato che compiono una netta distinzione tra i francesi come persone e le responsabilità politiche dell’allora governo di Parigi.



Quindi la pacificazione è ancora a metà strada?

In un certo senso sì. Da un lato gli ex militari sono stati accolti benissimo, ma anche i visitatori francesi che tornano in Algeria sono ospitati con molto calore e amicizia. Verso le persone un processo di pacificazione è già stato avviato, a livello invece di rivendicazioni per i danni, i morti e le torture che sarebbero state compiute dai francesi il discorso è ancora aperto e tuttora molto delicato.

In che senso?

Algeri esige che Parigi riconosca formalmente i crimini commessi durante l’occupazione del Paese. Durante il suo ultimo viaggio nell’ex colonia, Hollande ha fatto mea culpa pubblicamente. Il Parlamento algerino vorrebbe però dei passi formali da parte dell’assemblea legislativa francese, che poi si traducano in eventuali indennizzi o in rapporti economici più favorevoli. C’è quindi un lato politico, in cui tutta la questione è ancora aperta, e uno di vita di popolo rispetto a cui la pace sta camminando.



Che cosa l’ha colpita di più durante la sua ultima visita in Algeria?

A essere stata particolarmente toccante è stata la storia di Louisa Ighilariz, una donna della Cabilia che, quando ha saputo che gli ex militari francesi si trovavano in visita in Algeria, ha voluto unirsi al gruppo. Ighilariz era stata una capo-partigiana durante la guerra di liberazione, perché tra i mujaheddin c’erano anche donne, e aveva avuto un ruolo piuttosto importante nella sua zona. Proprio per questo era stata catturata e portata ad Algeri.

Lei ha scritto che Ighilariz fu anche torturata. Perché ha voluto incontrare i suoi aguzzini?

Durante l’incontro di qualche giorno fa è stata proprio Louisa Ighilariz ad avere portato i francesi nel palazzo che durante la guerra era stato trasformato in un centro di prigionia e di tortura. La donna ha raccontato che a salvarle la vita fu un colonnello francese che riuscì a farla fuggire e a portarla in ospedale, e ha aggiunto che avrebbe tanto voluto incontrarlo. Quando ha saputo che il militare era morto le è dispiaciuto moltissimo di non averlo mai potuto ringraziare di persona.

 

Fino a che punto le violenze della guerra hanno lasciato un segno anche nella storia successiva dell’Algeria?

Credo che abbiano inciso a lungo, anche perché noi siamo abituati a pensare che la guerra di liberazione nazionale sia durata dal 1954 al 1962, mentre in realtà affonda le radici in un passato più remoto. Gli algerini hanno vissuto con grande sofferenza tutto il periodo coloniale francese in cui erano considerati cittadini di serie B. Durante la seconda guerra mondiale gli algerini sono stati arruolati nell’esercito francese e hanno combattuto in prima linea contro i nazisti, acquisendo così la piena cittadinanza.

 

Quindi che cosa è successo?

Tornati nel 1945 da questa esperienza, pensavano di avere raggiunto definitivamente un piano di parità con i francesi. Le manifestazioni di piazza per chiedere pari diritti furono però represse in modo sanguinoso, tanto che 45mila algerini furono uccisi durante i massacri di Setif e Guelma. C’è stato quindi un lungo periodo di incubazione della guerra di indipendenza iniziata nel 1954.

 

(Pietro Vernizzi)