In questi giorni altre novità sono accadute quasi in contemporanea nei due regimi populisti latinoamericani. Quello venezuelano di Maduro si trova in una situazione gravissima, non soltanto perchè gli effetti della crisi economica iniziano a colpire direttamente la popolazione con scaffali vuoti nei supermercati (e il regime sottolinea la mancanza di carta igienica, ordinandone 50 milioni di rotoli, adducendo che se manca questo prodotto è perchè la gente mangia di più), ma anche perchè l’opposizione, che ancora reclama il conteggio dei voti (ma ormai le speranze di questa manovra sono ridotte al minimo viste le reazioni del partito al governo), ha fatto girare la registrazione di una telefonata tra un popolarissimo giornalista ultrachavista, Mario Silva, e il capo del controspionaggio cubano, Generale Aramis Palacios, in cui si parla apertamente di un tentativo di mettere fuorigioco l’attuale Presidente (apertamente pro cubano) con un golpe interno al partito manovrato dal Generale Diosdado Cabello, leader dell’ala militarista ostile a Maduro e con un forte potere sia nel Cadivi che il Seniat, due istituti che controllano sia il cambio del dollaro che le riserve in mano allo Stato. Un vero e proprio golpe interno al chavismo che sarebbe iniziato con una manovra finanziaria sulla moneta americana, che già al cambio nero si paga il 450% in più che l’ufficiale.
Come anticipato su queste pagine, da tempo circolavano ipotesi di questo genere, ma adesso è venuta fuori la prova contundente che mette fine alle chiacchiere. Lo scacchiere caraibico sta diventando di un’importanza grandissima per l’enorme ricchezza di petrolio e le ultime mosse della Cina, che si sta di fatto impossessando economicamente del Costarica, hanno chiarito che per Cuba la carta venezuelana è di vitale importanza e Maduro gode della sua fiducia. Non è un caso che il neoeletto abbia fatto una dichiarazione in una conferenza al teatro Municipale di Caracas che sancisce la nascita di una milizia popolare armata (due milioni di cittadini addestrati dovrebbero farne parte per “salvare la Patria”), tentativo di estremizzare e dare un giro di vite per risolvere una spaccatura che rischia di mandare all’aria la “Rivoluzione Bolivariana”. Ma bisogna anche tener conto che ormai il partito al potere ha una maggioranza veramente risicata e il rischio che il tutto possa trasformarsi a breve in una polveriera non è proprio una ipotesi surreale.
In Argentina invece si sono celebrati in contemporanea due anniversari: quello dell’assemblea di Maggio che nel 1810 sancì il distacco dalla Spagna e l’inizio del processo di indipendenza e i dieci anni di potere kirchnerista gestiti prima da Nestor e successivamente dalla moglie Cristina Fernandez de Kirchner. In una Plaza de Mayo gremita all’inverosimile di militanti fatti arrivare con autobus da ogni punto della città , con la massiccia presenza dei miliziani della Campora, delle Madri di plaza de Mayo (linea di Hebe de Bonafini) e le omonime nonne, la Presidente è stata il fulcro di una cerimonia mediatica con uno dei suoi chilometrici discorsi (ne aveva fatto un altro di più di un’ora solo due giorni prima a reti unificate) nel mezzo di uno show a cui hanno partecipato numerosi musicisti di spicco del continente latinoamericano.
Mentre lo scandalo che coinvolge l’intera gestione kirchnerista, quello delle borse piene di “mattoni” di euro da 500 quando non lingotti d’oro poi trasferiti nei depositi “di famiglia” in diverse località della regione di Santa Cruz dove i Kirchner la fanno da padroni da molto tempo e di traffici lleciti che coinvolgono società situate in paradisi fiscali, diventa ogni giorno sempre più chiaro a livello di prove esibite ogni domenica dal giornalista Jorge Lanata nella sua trasmissione “Periodismo para Todos“ (giornalismo per tutti… un ironico titolo che prende in giro gli slogan nazionalpopolari della gestione kirchnerista) senza che il potere politico azzardi una sola parola per smentire questo tsunami (ma pare che Lazaro Baez, il collaboratore della famiglia Presidenziale che è il responsabile di questi traffici abbia sporto finalmente una denuncia); mentre l’inflazione galoppa sempre di più fino ad arrivare al 30%, costringendo il Governo a congelare il prezzo di 500 alimenti (ancora non se ne conosce la lista) e nominando i seguaci della Campora controllori di questa insensata manovra (una simile è palesemente naufragata un mese fa); mentre l’effetto Papa Bergoglio pare rientrato (la Presidente non ha partecipato al Te Deum officiato da monsignor Poli – successore di Papa Francesco – nella cattedrale Metropolitana di Buenos Aires in occasione della ricorrenza Patria del 25 maggio preferendo recarsi a quello omonimo officiato a Lujan, nella provincia); insomma, mentre la situazione dell’Argentina reale è gravissima, dai discorsi di Cristina e il suo entourage (coinvolto in altri scandali) appare invece un Paese dove tutto funziona a meraviglia.
Si parla di “decennio di successi” di Paese in crescita e di poteri mediatici che ne sabotano il benessere attraverso campagne infamanti, di nazione dove si mangia con l’equivalente di un euro al giorno, di inflazione inesistente e dove è il popolo a governare. Come in Venezuela, appunto…