Perseguitati da Assad, minacciati dai jihadisti e in fuga dalla guerra che imperversa nel Paese. E’ il triste destino dei cristiani siriaci, un popolo che vive a cavallo tra la Siria e la Turchia. Di recente il ministro degli Esteri di Ankara ha ipotizzato di concedere la cittadinanza a tutti i cristiani siriaci imparentati con cittadini turchi e in pericolo per la rivoluzione in corso in Siria. Come sottolinea però Evgil Turker, capo della federazione delle Associazioni siriache, “la stessa Turchia non riconosce pienamente i diritti della nostra comunità, al punto che molti di noi sono dovuti emigrare. L’unica soluzione è un intervento della comunità internazionale in Siria. Credo che su Nato e Lega Araba gravino grandi responsabilità che devono essere affrontate al più presto”.



Qual è la sua opinione sul progetto di un riconoscimento della cittadinanza turca a tutti i cristiani siro-ortodossi della Siria?

Fino a questo momento non vi è nessun atto ufficiale che preveda la concessione della cittadinanza turca ai siriaci fuggiti dalla Siria, ma solo alcune dichiarazioni in tal senso da parte di alcune autorità statali durante i nostri incontri. Per il momento, quindi, si tratta solo di un’eventualità. Per di più, la concessione della cittadinanza non risolverebbe i problemi dei siriaci. Molti di loro, pur avendo la cittadinanza turca, sono dovuti emigrare. Inoltre i diritti fondamentali di quelli che sono rimasti non sono stati riconosciuti pienamente, e anche chi è rientrato dall’Europa ha dovuto affrontare problemi burocratici, legali e pressioni a livello locale. Per i siriaci di Siria non è facile ricostruire la loro vita in Turchia. Dovrebbero essere innanzitutto riconosciuti diritti culturali e sociali, perché senza una sicurezza minima non è possibile per loro rimanere stabilmente in Turchia. Finora la Turchia non ha riconosciuto ai siriaci di Siria i diritti delle minoranze previsti dal Trattato di Losanna.



Qual è invece la posizione dei cristiani siriaci in Siria?

In linea generale, la posizione dei siriaci è neutrale. Una parte dell’establishment politico e degli intellettuali sostiene l’opposizione. Una piccola minoranza che trae benefici dal regime Baath appoggia Bashar Al Assad, ma con l’aumentare delle atrocità compiute dal regime questo appoggio continua a diminuire. Inizialmente la gerarchia ecclesiastica era favorevole al regime, ma con il prolungarsi del conflitto e l’aumento del numero delle vittime ora tace. I siriaci sono disperati e in gran pericolo e molti di loro scelgono di andarsene. Altri, con il deteriorarsi della situazione, hanno preso le armi per difendersi, come ad esempio nella regione di Al Hasake. I siriaci sono da sempre in Siria e vogliono vedere rispettati i loro diritti, non vogliono essere considerati solo come dei cristiani, perché accanto alla nostra identità cristiana noi siamo anche una nazione, con la nostra identità etnica, come gli arabi, i curdi e gli altri gruppi.



Chi perseguita i siriaci, i jihadisti o il governo di Assad?

Negli ultimi due anni abbiamo visto lo stabilirsi di vari gruppi di opposizione in Siria, armati e non armati. Il regime di Assad ha scelto la via della violenza e del “o con noi o muori”. Questo anche nei confronti dei siriaci, che vengono attaccati dalle forze del regime, direttamente o indirettamente. Anche i gruppi jihadisti sono ostili verso siriaci e cristiani e molte famiglie siriache hanno sofferto le conseguenze dei loro attacchi. Vi sono state decine rapimenti e alcuni sono stati uccisi. Molti hanno avuto i loro beni confiscati con la forza. Due vescovi di Aleppo, Yuhanna Ibrahim, siro-ortodosso, e Paulos El Yaziji di Antiochia, greco-ortodosso, sono stati rapiti e non se ne hanno notizie certe dal 22 aprile.

 

Quanti cristiani siriaci prevedete fuggiranno dalla Siria in Turchia?

Se la guerra arriva e si concentra nella città di Al Hasake o nella regione di Al Jazeera, in moltissimi saranno costretti a fuggire in Turchia, perché è il confine più vicino.

 

Come sarà possibile assicurare lavoro e alloggio permanente a tutti i siriaci che si rifugeranno in Turchia?

Fino a oggi sono fuggiti in Turchia più di 500 siriaci, di cui molti hanno trovato una sistemazione in chiese e monasteri, altri presso famiglie siriache già nel Paese. Il governo turco ha approvato la costruzione di un campo per accogliere fino a 4mila profughi siriaci. Queste sono le sole informazioni che abbiamo al momento.

 

Secondo lei, la Nato o la Lega Araba dovrebbero creare una zona franca al confine tra Turchia e Siria per proteggere i siriaci e altri che tentano di fuggire dalla guerra?

Il massacro in Siria deve essere fermato da un intervento internazionale e deve essere fatto rapidamente, certamente anche comprendendo una zona franca. Credo che su Nato e Lega Araba gravino grandi responsabilità che devono essere affrontate al più presto. Le precedenti esperienze ci dicono che sarà molto difficile per il popolo siriaco tornare in Siria, ma non vogliamo che si ripeta ciò che è successo in Iraq. Invito perciò tutti gli attori internazionali e l’opinione pubblica ad intervenire su questo punto, perché la sparizione del popolo siriaco dalla Siria e dal Medio Oriente sarebbe una grave perdita per tutta l’umanità. E’ necessario permettere ai siriaci di continuare a vivere nella loro terra d’origine e conservando la loro storica cultura.

 

Cosa vi aspettate dopo la fine della guerra in Siria?

Se la fine della guerra in Siria porterà alla creazione di un moderno Stato democratico, tutti i siriani e quindi anche i siriaci avranno il diritto di tornare nella loro terra. Se si instaurerà invece un sistema antidemocratico di tipo jihadista, sarà molto problematico per i siriaci ritornare in Siria. La nostra più grande speranza e i nostri maggiori sforzi sono per la costituzione di un sistema moderno e democratico che garantisca i nostri diritti costituzionali. Il nostro impegno e il nostro lavoro sono in questa direzione. Come Federazione delle Associazioni Siriache continueremo ad aiutare i nostri fratelli e le nostre sorelle in tutti i modi di cui saremo capaci. Riteniamo però di grande importanza e aspettiamo anche il sostegno del governo turco e della comunità internazionale.

 

(Pietro Vernizzi)