Una donna del Michigan e due britannici sono rimasti uccisi in Siria mentre combattevano al fianco di Al-Nusra, l’organizzazione fondamentalista islamica legata ad Al Qaeda. La prima dei tre è Nicole Lynn Mansfield, 33 anni, che si era convertita alla religione musulmana dopo avere sposato un immigrato. La donna, madre di una ragazza di 18 anni, è stata uccisa dall’esercito governativo insieme ai due britannici mentre preparava un punto di osservazione per i jihadisti di Al-Nusra. Solo pochi giorni fa due ex cristiani nigeriani convertiti all’islam avevano ucciso un militare inglese in un sobborgo di Londra al grido di “Allahu Akbar”. Ilsussidiario.net ha raccolto l’opinione di Camille Eid, giornalista libanese di Avvenire e professore nell’Università Cattolica di Milano.



Ritiene i convertiti all’islam abbiano maggiori probabilità di diventare fondamentalisti?
Il fenomeno della conversione in generale, qualsiasi sia la nuova religione scelta dalla persona, determina una radicalizzazione della fede. Quest’ultima non è più qualcosa di ordinario, ma è vissuto in modo più intenso e con una carica maggiore di religiosità nell’animo di ogni persona. Da qui però a generalizzare e dire che tutti i convertiti verso l’islam effettuano una lettura letterale di concetti come la Jihad è falso.



Per quale motivo?
I convertiti all’islam in Italia sono stimati tra 20 e 30mila persone, e a parte qualche episodio isolato non si sono mai distinti per il fanatismo. Non sto parlando di figli di immigrati con cittadinanza italiana, ma di persone che sono passate all’islam per conversione.

Quindi ritiene che quello di Nicole Lynn Mansfield sia un caso isolato?
Soltanto una piccola parte dei convertiti si riconoscono in un’ideologia jihadista o vi vedono un’occasione per emergere. Non mancano tuttavia episodi di questo tipo. Muriel Degauque, una donna belga convertita all’islam, nel 2005 si è fatta saltare a Baqubah in Iraq contro un convoglio di soldati americani.



Di solito questi casi hanno a che fare con storie personali difficili?
Sì. La Degauque per esempio aveva avuto una storia particolare, era finita per sposarsi con un musulmano che non osservava i precetti religiosi, e proprio per questo motivo aveva chiesto il divorzio. Quindi si era risposata con un musulmano più osservante ed è poi finita in Iraq come kamikaze. Prima ancora era salita alla ribalta la vicenda di John Walker Lindh, alias Jonny il Talebano, un ragazzo 25enne della California convertitosi all’islam e finito a combattere in Afghanistan. Non mancano quindi gli episodi di questo tipo, ma si contano sulle dita di una mano.

Quindi ritiene che non si tratti di un fenomeno pericoloso?

Il fenomeno è di per sé pericoloso, perché significa che Al Qaeda o le organizzazioni jihadiste internazionali cercano di avvicinare cittadini occidentali per convertirli, in quanto passano inosservati e le forze dell’ordine hanno maggiori difficoltà a controllare queste persone. Le azioni sospette compiute da chi ha i tratti somatici arabi o africani richiamano subito l’attenzione, mentre se un signore biondo e con gli occhi azzurri lascia una valigia nella stazione della metropolitana di Londra, nessuno gli fa caso né tantomeno viene il sospetto che sia un terrorista islamico. I gruppi jihadisti cercano dunque di arruolare degli occidentali, perché fanno loro comodo per perseguire senza grandi rischi i loro obiettivi terroristici.

Esiste anche un problema legato al modo in cui questi convertiti sono educati nelle moschee?
Sì, ma il problema a questo punto non è il fenomeno della conversione in sé bensì sono le moschee. A Bruxelles c’è una personalità musulmana di primo piano che predica la jihad al punto che ha annunciato che trasformerà il Belgio in uno Stato islamico, e per farlo si appella al valore della libertà d’opinione. Quest’uomo ha degli adepti non soltanto tra i membri della comunità maghrebina, ma incuriosisce anche gli stessi belgi, tanto è vero che il governo di Bruxelles è stato tra i primi a notare l’arrivo di cittadini belgi in Siria. Un altro convertito francese sta scontando tuttora l’ergastolo in Marocco, perché è stato coinvolto negli attentati di Casablanca del 2003.

(Pietro Vernizzi)