Aeroporto di Atlanta, Georgia, Capitol Hill, sempre Atlanta e sempre Georgia, aeroporto di Richmond, Virginia, Università di Princeton, New Jersey… In poche ore in America si è scatenato un “allarme bombe” degno della guerra di secessione. Del resto Atlanta e Richmond un secolo e mezzo fa vennero rase al suolo. Ma questi allarmi sono fondati su qualcosa di vero o no? All’aeroporto di Atlanta una esplosione c’è stata. Si sta investigando, ma al momento sembra più plausibile l’ipotesi di un fortuito incidente.



Però come si fa a non preoccuparsi? Boston sta ancora faticosamente riprendendosi dai drammatici eventi della maratona e l’America resta un paese in guerra su molteplici fronti. Fronti esterni – con una grande fetta del mondo che ci odia e sinistramente si rallegra per ogni disgrazia che ci capita, e fronti interni – con il feroce dibattito sulla violazione della privacy dovuto allo “spionaggio” governativo su telefonate ed email, appena venuto a galla. In verità non è certo un clima di violenza quello che si respira, quantomeno non quel che si intende in Europa per “clima di violenza”. All’uomo europeo sembrerà strano, ma l’Americano è molto più turbato dalla intrusione nei propri affari personali che dalla violenza fatta di polvere da sparo ed esplosivi vari. Tutta la questione del “Secondo Emendamento” si gioca proprio su questo: lasciatemi le armi, perché se chi comanda non rispetta la mia libertà voglio poterla difendere da me. L’uso delle armi, gli interventi armati in paesi esteri, la pena di morte non sono concepiti come “atti violenti”. Sono “atti dovuti”, posti in essere perché la libertà personale – che è alla radice della libertà del paese – non venga violata.



Questo è un dibattito che si sta incattivendo, radicalizzando, e nessuno sembra avere una risposta adeguata. Quale sarebbe la “risposta adeguata”? Quella capace di salvare capra e cavoli: assicurare un’adeguata difesa del suolo patrio senza violare la sfera privata del cittadino. Mi viene in mente la baraonda generatasi qui a New York subito dopo l’11 Settembre a causa dei controlli che la polizia aveva cominciato a predisporre alle stazioni della subway. Fermavano a campione tra coloro che si affrettavano ai treni per ispezionarne borse e borsette.

A me, francamente, sembrava una cosa ragionevole. Per quanto indifendibile questa città possa essere, tentare di monitorare quei 1.300 kilometri di binari andava fatto. Venne fuori dalla sera alla mattina una sorta di “movimento contro”: nessuno metta le mani nelle mie cose!



Atlanta, Richmond, Princeton, se un allarme scatta bisogna prenderlo seriamente. Ma cos’è che si può fare “prima”? Che prezzo siamo disposti a pagare per evitare o quantomeno limitare il più possibile queste cose? Mentre dove c’erano le Twin Towers si sta completando la Freedom Tower, la “torre della libertà”, gli Americani scoprono che il Presidente più libertario della loro giovane storia ha avallato la più colossale operazione di spionaggio sui cittadini mai vista nel mondo occidentale. Quale libertà viene prima?