Il dalai lama, mentre si trovava in Australia, conversando con i giornalisti ha fatto sapere che non esclude che il suo successore possa essere una donna. Da quando nel 1578 il titolo venne attribuito per la prima volta ad da Altan Khan, sovrano dell’Impero mongolo, al monaco buddista tibetano Sonam Gyatso, si tratterebbe di un inedito assoluto. Il premio Nobel per la paca ha fatto sapere che l’ipotesi potrebbe rivelarsi adeguata, considerando il fatto che il nostro mondo sta vivendo una particolare crisi morale, per cui ha bisogno di compassione. Evidentemente, per la massima autorità del buddismo tibetano, si tratta di una qualità attribuibile in maniera specifica alle donne. «Se le circostanze sono tali che un dalai lama donna sembri più utile, una donna dalai lama verrà». Continuando a conversare con i giornalisti, ci ha tenuto a prendere ancora una volta le distanze dalle auto-immolazioni dei monaci tibetani quali forma di estrema protesta contro il dominio della Cina sul Tibet (circostanza che costrinse o stesso Dalai lama all’esilio nel 1957), ritenendole sostanzialmente inutili. Dal 2009 sono già 117 i buddisti che, spesso dandosi fuoco, si sono immolati per rivendicare l’autonomia del Tibet.



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