Le proteste contro il premier turco Recep Tayyip Erdogan registrano la quarta vittima dall’inizio delle manifestazioni. Un uomo di 22 anni è morto in una città vicino al confine con la Siria, mentre centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa sparavano con i cannoni ad acqua disposti attorno al gabinetto del primo ministro nella capitale Ankara. Ilsussidiario.net ha intervistato Antonio Ferrari, editorialista del Corriere della Sera ed esperto di Medio Oriente.



Da dove nasce il malcontento che ha scatenato 250 manifestazioni in 60 città turche?

Il filosofo presocratico Eraclito diceva: “Il carattere dell’uomo è il suo destino”. Questa massima si adatta perfettamente agli errori compiuti dal primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan.

In che senso?

Da un lato ha un carisma straordinario, una capacità di visione, una determinazione ammirevole e una voglia di dare stabilità al Paese. Dall’altra parte Erdogan è prigioniero di se stesso, è dominato da un’emotività eccessiva ed è totalmente incapace di rendersi conto di se stesso. Con l’autoritarismo in un Paese delicato come la Turchia non si va da nessuna parte, e prima o poi si rischia di cadere.



Eppure il Partito Giustizia e Sviluppo (Akp) ha sempre ottenuto una maggioranza schiacciante alle elezioni.

In una fase iniziale, la Turchia è stata quasi travolta dalla potenza della leadership di Erdogan, che anche alle ultime elezioni ha ottenuto oltre il 50 per cento dei voti. Ciò spiega come il premier sia stato percepito dalla gente, in quanto è stato il primo politico turco sin dai tempi di Ataturk a essere riuscito a offrire una forte stabilità al Paese e a farlo crescere anche dal punto di vista economico. Il suo punto debole restano il suo carattere e gli errori che ha commesso, i quali ne hanno messo seriamente in discussione l’immagine.



Quali sono stati gli errori più gravi?

Erdogan si è illuso di riuscire a creare un conservatorismo moderno, sul modello di Arabia Saudita e Qatar, anziché ispirarsi ai Paesi europei. Il premier teme il progressismo, lo accetta nella forma ma non nella sostanza. Gli errori commessi negli ultimi tempi nascono dal fatto che Erdogan non ha una capacità percettiva della realtà.

 

Che cosa intende dire?

Erdogan non riesce a comprendere come la gente lo percepisca. Per esempio vietare la vendita di alcolici dalle 10 di sera alle 7 del mattino non è una scelta scandalosa. Se lo fa però in Turchia un governo che è sotto tiro per l’accusa di volere reislamizzare lo Stato, dà l’impressione di voler muovere un altro passo nella direzione opposta alla laicità.

 

Lei ha intervistato Erdogan più volte. Che impressione ne ha avuto?

Quando mi sono incontrato con Erdogan, mi ha raccontato di essere stato costretto a mandare le sue due figlie a studiare negli Stati Uniti, poiché sono velate e il velo in Turchia è vietato dai tempi di Ataturk. E’ comprensibile che Erdogan ritenga tutto ciò paradossale, ma quando racconta queste cose in pubblico non si rende conto di suscitare involontariamente dei sentimenti di paura nella parte più laica del Paese, quella cioè su cui si fonda la Turchia.

 

Le proteste contro Erdogan alla fine si fermeranno o diventeranno una “Primavera turca”?

Trovo quello di “Primavera” un termine improprio. A differenza di Egitto, Tunisia e Siria, la Turchia sta godendo di un grande sviluppo economico, ha una crescita invidiabile, mentre tutta l’Europa è in recessione. Ankara al contrario è stata costretta addirittura a pilotare la diminuzione della crescita proprio perché il Pil stava aumentando troppo in fretta. Si è trattato di una crescita fondata sulle opere pubbliche e sull’energia, anche perché dalla Turchia passano sette-otto condutture di gas e petrolio.

 

Eppure il benessere materiale non basta a soddisfare le domande di libertà e laicità…

Proprio per questo oggi è difficile prevedere il futuro della Turchia, anche se l’incapacità di Erdogan di percepire gli orientamenti della gente lo a portato a condurre un attacco diretto contro Twitter e Facebook, dopo avere condizionato i media tradizionali. Alla luce di tutto ciò non so quanto lontano possa andare il primo ministro. Proprio perché la Turchia non può permettersi di vivere in uno stato di instabilità come quello cui stiamo assistendo in questi giorni, posso immaginare una clamorosa marcia indietro da parte di Erdogan. Ad aiutarlo è la debolezza dell’opposizione, anche se la forza della piazza è difficile da controllare. A muoverla, più che una ragione ideologica, è una spinta generazionale contro un premier troppo autoritario e troppo arrogante.

 

(Pietro Vernizzi)