Caro direttore, ho vissuto gli ultimi avvenimenti attorno alla legge sul matrimonio “per tutti” come una conversione personale. All’inizio, guardavo con un po’ di diffidenza i miei amici impegnati nella Manifpourtous (LMPT), perché vedevo molta eccitazione, molto attivismo, ma non ero certamente indifferente e mi chiedevo “ma io, cosa è che posso fare”? Da principio mi sono risposta: pregare e digiunare. Da sola, da novembre fino alla Quaresima, poi con degli amici, abbiamo fatto digiuno completo ogni venerdì e abbiamo recitato il rosario.
Questa modalità è stata confermata dal Cardinale Barbarin, che ha invitato la comunità dei credenti a digiunare e pregare la vigilia della manifestazione del 13 gennaio. Il venerdì è diventato il mio giorno preferito, perché è il giorno in cui io mi sento più viva. Ma quella domanda “ma io, cosa è che posso fare?” è rimasta. Sono quindi andata a manifestare il 13 gennaio. Sono rimasta sbalordita dalla gente, dalla gioia, dalla determinazione delle persone di ogni tipo che erano là.
All’indomani di questa manifestazione, ho domandato a un amico coinvolto nell’organizzazione di LMPT qui a Bordeaux se avessero bisogno di aiuto e sono stata invitata a una riunione. Ho notato subito alcuni errori e una qualche mancanza di professionalità delle persone riunite, ma per la prima volta non sono fuggita davanti alla debolezza. Mi sono detta: “Dopo quello che ho visto, l’innumerevole folla e tutte quelle persone di buona volontà, non posso ritirarmi ancora una volta”.
Sono diventata responsabile della mobilitazione degli eletti e portavoce del collettivo nella regione della Gironda. Tutto questo mi ha fatto ricordare i talenti che ho ricevuto e che avevo invece nascosto sotto terra per paura di ciò che mi poteva venir richiesto.
Oggi ci stiamo chiedendo tutti come continuare a portare avanti in modo duraturo l’opera iniziata. Per esempio, come possiamo espandere nella società la forza dimostrata dai manifestanti? Tuttavia, in questa ricerca su come immaginare il seguito dell’opera, sono rimasta colpita dal fatto che, al fondo, la preoccupazione di ognuno è l’educazione di se stesso e degli altri. Ciò si percepisce molto tra i “veilleurs”, quei giovani che si radunano la sera davanti a un edificio pubblico per cantare e pregare.
Da parte di LMPT si parla di “formazione”, ma credo che la posta in gioco sia più grande che imparare argomenti da ripetere. Ho parlato di Comunione e liberazione ai miei compagni di squadra di LMPT e ho passato loro il testo di Julián Carrón (Ubi fides, ibi libertas), che permette di considerare da una prospettiva meno contingente i risultati immediati delle nostre azioni.
Parallelamente, essendo l’iniziatore dei “veilleurs” un mio vecchio amico, ho desiderato ardentemente che incontrasse un altro dei miei amici, Silvio, e conoscesse attraverso di lui Cl. Il mio timore era anche che questo grande segno che sono i “veilleurs” potesse essere preso in mano da persone che non lo hanno compreso.
E’ stato un incontro di grande intensità e sono stata afferrata dalla presenza di un Altro. Rendo grazie per essere stata testimone di un simile evento e spero di tutto cuore che questa amicizia diventi sempre più grande. Inoltre, ho avuto l’opportunità di proporre un testo di don Giussani (tratto dal Rischio educativo) davanti alla Sorbona, in occasione della veglia prima della ultima grande manifestazione nazionale. E comincio a citare Carrón durante le mie interviste. Ho la grande speranza di vedere espandersi in Francia il carisma di don Giussani, perché sono profondamente convinta che è di questo che la Francia ha bisogno per rendere consistente e durevole questo desiderio di conoscere la natura dell’uomo.
Da quando mi sono coinvolta in LMPT non smetto di domandarmi se stiamo combattendo la buona battaglia: noi cristiani non dovremmo, piuttosto, mettere tutta la nostra energia al servizio dell’annuncio esplicito di Cristo? Ciò che finora mi ha fatto rimanere è la fedeltà all’impegno di ciascuno, la necessità di non mollare, e la frase di Benedetto XVI che medito regolarmente: “La fede, proprio perché è atto della libertà, esige anche la responsabilità sociale di ciò che si crede”.
Per me, il frutto migliore sono i “veilleurs”: basterebbe che una sola persona si convertisse perché sia valsa la pena di tutto questo. E che dopo le veglie, vi sia chi ritorna alla propria casa con il desiderio di essere uomini e donne in piedi e liberi.
Céline Larmoyer