I nostri padri, e quelli più vecchi di noi, sono cresciuti con le storie strappalacrime che inframmezzavano il libro Cuore. Storie di battaglie, di eroi ragazzini. Il tamburino sardo, la piccola vedetta lombarda… Il ragazzo afgano che pare abbia lanciato la bomba conto il Lince del nostro contingente, uccidendo un uomo, ferendone altri, è un piccolo soldato come quelli disegnati da De Amicis? No. La storia è piena di veri o presunti eroi bambini: rischiavano, perdevano anche la vita, ma per salvarne altre, sotto il nome di un ideale di libertà e giustizia. Non chiedevano, non portavano morte, in nome di un ideale.



Ragazzo afgano, che ti nascondi in un buco sottoterra, da adesso e per chissà quanto tempo, vorrei sapere chi sei e come stai. Se ti senti forte, grande, orgoglioso, o se hai paura, orrore di quel sangue che hai intravisto, scappando, dopo lo scoppio. Se hai davanti un futuro, o, ora che hai svolto il compito assegnato, ti gettano via, come una macchina rotta, che non serve più, oppure devi solo aspettare il prossimo scontro, il prossimo eroico ultimo gesto.



O ancora, temere che qualcuno ti riconosca, e si vendichi su di te, attraverso di te. Qualcuno ti abbraccia, o sei solo, qualcuno ti medica qualche ferita, qualcuno ti accarezza la testa quando stanco, stravolto, riesci a prendere sonno? Da quale fiera hai succhiato il latte, mi ricanta in testa Virgilio, quale belva dei boschi ti ha allevato? Non ha importanza. Nessuna madre, per quanto disgraziata, riesce a fare da sola di un figlio un assassino. Un piccolo assassino che può morire, a 11 anni.

Già, la libertà. Drammaticamente, la liberà del male. Eppure qui non regge: a 11 anni non si può essere liberi davvero, maturi abbastanza per scegliere, decidere di uccidere, rischiando di morire. Quindi, dipende da qualcun altro. Da chi ha armato quell’esile braccio, da chi recluta, irregimenta dei bambini con l’idea che la morte è buona e giusta. Ti hanno convinto? Ti hanno forzato, confuso la mente? Ti hanno detto che quelle morti le voleva un dio?



Il Creatore. Colui che ha fatto il mondo e ciò che contiene, che ha dato la vita ad ogni cosa, chiede la morte dei suoi figli creati. Un controsenso, ma la storia ci ha abituato a questa distorsione della verità, anche la nostra, di storia, occidentale cristiana. L’insegna Dio lo vuole ha sventolato su campi di cadaveri troppe volte. Dunque, l’uso della religione in senso fondamentalista, l’ignoranza, la miseria, una politica sbagliata e fallimentare facilitano, alimentano, ma non spiegano tutto. 

C’è dell’altro. Solo il male, con un nome proprio, solo il demonio può essere responsabile di tante morti, dei corpi, degli intelletti, delle anime. Non c’è altra spiegazione così ragionevole. Solo che Qualcuno l’ha vinto, il Male, ha vinto la morte. E deve salvare anche quel ragazzino, deve salvare l’innocenza, purificarla, portarla a sé. La sconfitta è credere che sia impossibile. La sconfitta, e la vittoria del male, è credere che la morte del nostro soldato, il dolore dei feriti siano inutili.

Ho letto i racconti, ho visto i volti e le cicatrici dei bambini soldato di troppi paesi dell’Africa. Due volte condannabile chi ha distrutto il loro sorriso, facendo il male e spingendo i piccoli a farlo. Se ne è cosciente, l’inferno è la sua casa, qui nei giorni a venire, e per l’eternità. Ma mille volte benedetto chi ha liberato, confortato, perdonato e redento l’orrore che si portano addosso.

Soldato Giuseppe La Rosa, onore a te, che hai dato la vita in un attimo anche per quel ragazzino che te l’ha portata via. Perché avesse la pace, l’acqua, una scuola, una casa, un futuro. Ricordiamocelo, che i nostri soldati sono laggiù per questo. Il loro è il vero eroismo.