Il finanziamento alla Chiesa ortodossa in Grecia si basa sul principio contenuto nell’art. 3 della costituzione vigente che la Chiesa cristiana orientale ortodossa è la chiesa predominante. Un modello, quello della chiesa di stato, più diffuso in Europa di quanto comunemente si ritenga.
Tale situazione ha riflessi diretti sullo status delle confessioni religiose presenti in Grecia e determina una disciplina del finanziamento che privilegia la chiesa ortodossa, anche se per ragioni di carattere storico, il finanziamento è esteso anche alla chiesa ortodossa russa. Prima di entrare nel merito della situazione greca, va notato che dalle condizioni di religione di stato riconosciuta ad una confessione derivano sempre condizioni particolari, sia che si tratti di società fortemente secolarizzate come i paesi del nord Europa, sia che si tratti di paesi a predominanza ortodossa.
Accanto alla previsione di erogazioni dirette alle attività missionarie della chiesa ortodossa, in Grecia sono previste disposizioni particolari che riguardano il regime del patrimonio ecclesiastico e il trattamento tributario delle attività di religione e di culto svolte dalla chiesa ortodossa, nel paese ellenico è prevista la remunerazione del clero ortodosso a carico dello stato. Nel sistema greco ha diritto alla remunerazione il clero ortodosso impiegato a vario titolo nelle parrocchie. Agli appartenenti al clero spetta anche la pensione di anzianità o di vecchiaia. Al clero delle parrocchie vanno aggiunti i prelati (arcivescovi, vescovi e prelati in genere). Nel bilancio statale del 2005 per la remunerazione dei parroci erano previsti 157 milioni di euro e i fruitori di tale remunerazione erano circa 10500. In quel lasso di tempo le pensioni riguardavano circa 5000 sacerdoti. Va precisato che quando si parla di clero ortodosso ci si riferisce anche ai diaconi che prestano servizio nelle parrocchie. Ad essi vanno aggiunti i componenti della gerarchia (vescovi e arcivescovi e altri prelati), la cui remunerazione impegnava lo stato per una cifra che superava i 4 milioni di euro (almeno nel 2005). Le pensioni ammontavano a circa 50 milioni di euro. I monaci, a loro volta, ricevevano e ricevono una pensione a carico dello Stato.
Il fatto che lo Stato provveda direttamente alla remunerazione del clero significa che tutti i cittadini, indipendentemente dal loro credo religioso, contribuiscono con le loro tasse a finanziare tale pagamento. Come si è detto anche la chiesa ortodossa russa gode della medesima condizione. Tenendo conto delle cifre indicate si può ragionevolmente concordare con la stima fatta. Per completezza si deve però tener conto di due elementi, innanzitutto che il governo greco incassa il 35% di tutte le entrate parrocchiali e, in secondo luogo, che una parte del clero parrocchiale ha un ulteriore reddito che gli deriva dal fatto di svolgere impieghi nel settore pubblico o privato.
Per dare, infine, un quadro più generale va ricordato che anche altri stati europei prevedono una remunerazione statale per gli ecclesiastici di varie religioni. Sarebbe lungo farne l’elenco. Mi limito a segnalare il Belgio e il Lussemburgo, alcuni cantoni svizzeri, la Repubblica Ceca e la Slovacchia, la Slovenia, la Francia, limitatamente alla Alsazia e alla Lorena dove è ancora in vigore il concordato napoleonico.
Il caso dell’Italia, della Spagna e dell’Ungheria, accomunate dall’avere previsto un sistema di finanziamento della remunerazione del clero, legato a modelli similari, analoghi all’otto per mille, presenta caratteri, almeno a mio avviso, diversi. Non siamo in presenza di un finanziamento statale ma di un flusso che deriva dalla scelta, favorita dallo stato, dei cittadini. Inoltre il sistema, soprattutto nel caso italiano, aperto a tutte le confessioni religiose, è maggiormente rispettoso della libertà religiosa.