Lo incontriamo in una stradina del Cairo che costeggia piazza Tahrir nel giorno della grande manifestazione contro il presidente Morsi. La città è in rivolta, si temono incidenti in tutte le strade, ma George Isaac cammina in mezzo alla folla accompagnato da un piccolo drappello di uomini fidati. Leader politico cristiano, fondatore del movimento Kefaya che si è battuto contro Mubarak, dopo la rivoluzione George Isaac è entrato a far parte del Partito Costituzionale (in arabo Hizb el-Dostour) del premio Nobel Mohammad ElBaradei. Carismatico, piccolo di statura, barba bianca e occhiali da sole, Isaac è l’emblema dell’impegno politico dei cristiani in Egitto. Come spiega a Ilsussidiario.net, lo scopo dei copti attivi in Parlamento è quello di lavorare per trasformare l’intera società, e non di difendere particolari rivendicazioni sul piano religioso o confessionale. Un’economia più sviluppata, rispetto democratico per le istituzioni e una Costituzione laica sono sia le principali esigenze dei cristiani copti sia ciò di cui ha bisogno l’intera società. Ed è proprio ciò a cui Morsi non è stato in grado di dare una risposta.
Isaac, qual è la posizione dei cristiani nei confronti della manifestazione organizzata contro Morsi?
Noi cristiani abbiamo una posizione molto critica nei confronti di Morsi, e vogliamo le dimissioni di questo presidente perché è incapace e sleale. Da un anno in Egitto non abbiamo avuto nessuna iniziativa e nessun successo, non è stata accettata una sola delle nostre richieste, e quindi non siamo più disposti ad accettare che Morsi resti al potere. Ne abbiamo abbastanza.
Come è cambiata la vita dei cristiani da quando Morsi è diventato presidente?
Noi siamo tutti egiziani, io non parlo di cristiani e di musulmani, per me questo è un punto fondamentale.
La povertà in cui vivono milioni di persone in Egitto è impressionante. Che cosa si può fare per rilanciare l’economia del Paese?
Di recente abbiamo organizzato una conferenza sulla situazione del commercio e dell’economia nel nostro Paese, insieme all’ex candidato per la presidenza Hamdeen Sabahi. In quell’occasione abbiamo presentato le nostre proposte nel breve, nel medio e nel lungo periodo sulle modalità concrete attraverso le quali è possibile risolvere i problemi dell’Egitto. Né il governo né i Fratelli musulmani le hanno però accettate in benché minima parte.
Morsi è presidente soltanto da un anno. Non è un periodo troppo breve per cambiare un Paese complesso come l’Egitto?
Se il presidente è di questa opinione, con 22 milioni di persone in piazza a protestare contro di lui, significa che non si rende conto della realtà e che deve andarsene.
C’è il rischio che Morsi, pur essendo stato eletto democraticamente, stravolga la natura delle istituzioni egiziane?
Sì, esiste questo rischio e noi siamo contro di lui proprio per questo motivo. Io e gli altri politici con cui promuovo gli stessi ideali siamo convinti del fatto che i diversi partiti debbano condividere tutte le decisioni a partire da quelle che riguardano la Costituzione, ma anche sugli altri principali temi della vita del Paese.
Morsi per lei è un dittatore?
(Isaac alza la voce mentre si accinge ad andarsene, ndr) Ovviamente, ovviamente, è un dittatore e una persona dispotica.
(Pietro Vernizzi)