Un 34enne si è fatto esplodere all’aeroporto di Pechino utilizzando una bomba realizzata in modo artigianale. L’uomo, sembrerebbe disabile e su una carrozzina, è rimasto ferito e ha scatenato il panico nella sezione arrivi dello scalo. In un primo momento l’attentatore aveva cercato di distribuire dei volantini nei quali affermava di essere stato maltrattato dalla polizia locale, ma era stato fermato dalle autorità. A quel punto ha fatto detonare l’ordigno che teneva in mano. Ilsussidiario.net ha intervistato Francesco Sisci, editorialista de Il Sole 24 Ore.
Chi è l’attentatore che ha colpito l’aeroporto della capitale cinese?
Non è ancora chiaro chi sia veramente l’autore dell’attentato. Si sa soltanto che è un giovane di 34 anni dello Shandong. Non è quindi uno studente, non è di una minoranza etnica, non è uno uiguro, non è un tibetano, non è chiaro se sia un disoccupato. Il contorno di questo attentato non è quindi ben definito, anche se da un lato l’insoddisfazione sociale monta, mentre dall’altra c’è un deficit di sicurezza negli aeroporti e nelle stazioni in Cina.
In che senso l’insoddisfazione sociale potrebbe essere all’origine di questo attentato?
La forbice tra ricchi e poveri si sta allargando, e soprattutto in molti sentono che stanno diminuendo le opportunità di un miglioramento sociale. L’altro elemento di cui tenere conto è il fatto che il Paese sta vivendo una transizione da una società tradizionale cinese a una moderna occidentale, da una società rurale a una urbana. E’ come se lo spostamento di civiltà che l’Italia ha vissuto negli anni 50 e 60, quando i meridionali andavano a cercare lavoro a Milano e a Torino, in Cina si stesse ripetendo ora all’ennesima potenza.
Che cosa rende questi cambiamenti particolarmente drammatici?
A rendere la situazione particolarmente drammatica è la sostituzione dei valori cinesi con quelli occidentali. Si tratta quindi di un trauma enorme per milioni e milioni di persone, e questo esaspera la confusione mentale di molti che poi finiscono per compiere gesti anche eclatanti.
Qual è il ruolo del governo in questo delicato passaggio?
Il governo sta cercando da un lato di promuovere cambiamenti quali l’urbanizzazione e l’”occidentalizzazione”, rivelandosi quindi molto progressista. Queste trasformazioni comportano però delle nuove divisioni sociali che non si erano viste in Cina negli ultimi 30-40 anni. Nello stesso tempo il governo sta cercando di limitare gli effetti dei cambiamenti sociali più urticanti. Si tratta però di un’operazione molto difficile, al di là del successo o dei fallimenti delle singole politiche. E’ una sfida enorme, si tratta di una trasformazione molto veloce, di vasta portata e che produce un impatto su una popolazione gigantesca pari a 1 miliardo e 400 milioni di persone.
I media hanno riportato liberamente quanto è avvenuto all’aeroporto o hanno cercato di censurarlo?
Le notizie sono state diffuse liberamente e all’istante dal notiziario cinese.
Ci sono precedenti di attentati come questo?
Quello di ieri è il primo attentato in un aeroporto. La Cina ha però una tradizione di attentatori kamikaze negli autobus, per i motivi più disparati. La causa più frequente è quella passionale: in molti si fanno esplodere pubblicamente per essere stati lasciati dalla fidanzata. Spesso ciò avviene di fronte alla stessa ragazza o al rivale in amore. Questi precedenti inducono a non escludere che anche in questo caso la motivazione possa essere non politica ma personale, anche perché l’attentatore non appartiene a una minoranza né è uno studente, ma piuttosto un uomo in età da matrimonio.
Che cosa ne pensa invece dell’ipotesi che l’uomo volesse protestare per dei presunti maltrattamenti da parte della polizia locale?
Anche in questo caso non sarebbe la prima volta che in Cina una persona si fa esplodere come gesto di protesta estremo per maltrattamenti subiti. Dopo l’ingiustizia commessa dalla polizia locale, l’uomo avrebbe cercato una rivalsa suicidandosi. Anche questo fa parte delle tradizioni cinesi, e rientra in un tentativo di far valere le proprie ragioni di fronte alle autorità nazionali.
(Pietro Vernizzi)