I giovani irlandesi fuggono, cambiano casa, abbandonano gli affetti della terra e dei vincoli di parentela e vanno a cercare fortuna altrove. A dirlo è la scrittrice irlandese più nota, Catherine Dunne, intervistata oggi da Il Fatto Quotidiano. La società raccontata dagli U2, ad esempio, che sono e restano il simbolo della musica irlandese, “oggi è una società in fuga”. Negli anni Cinquanta, racconta la scrittrice al Fatto, “ci fu un fenomeno migratorio molto importante, ma la gente non riusciva mai a staccarsi”. Oggi, invece, i giovani “se ne vanno, si chiudono dietro la porta per sempre”. La maggior parte di loro se ne va in Australia e Nuova Zelanda, mentre sessant’anni fa le destinazioni principali erano Stati Uniti e Inghilterra. La più grande differenza con la precedente migrazione, spiega ancora la Dunne, è che quella attuale “è forzata”. Se ne vanno infatti “persone che qui non avrebbero nessun tipo di futuro lavorativo. E per vivere bisogna lavorare. Così fanno la valigia e partono”. La crisi irlandese, infatti, è molto simile a quella italiana: “Quello che è successo al Monte dei paschi – si legge nell’intervista – è successo anche qui, accanto a casa mia. E’ la storia dell’Anglo Irish Bank. Erano privati, si sono dimostrati pirati, corrotti e spericolati. E quei debiti li abbiamo pagati noi”. Catherine Dunne ipotizza quindi una soluzione: “Inviterei i politici di tutta Europa a scendere per strada, a pranzare nelle mense pubbliche, a passare una giornata in un pronto soccorso. Servirebbe per capire che i tagli al welfare sono un danno. Forse potrebbe essere un primo passo. Un piccolo, grande passo”.