L’Onu sarà ancora pronto a intervenire in Egitto? Era nelle intenzioni di Navi Pillay. L’Alto commissario per i diritti umani aveva chiesto il via libera delle autorità del Cairo per inviare una squadra di circa tre o quattro persone che seguisse la situazione nel Paese. Intanto, Nei Paesi arabi si sta rimodulando un fronte anti-islamista. Ilsussidiario.net ha intervistato Khaled Fouad Allam. 



Qual è il senso di quanto sta avvenendo?

Le rivoluzioni arabe o Primavera araba dimostrano un cambiamento in atto del paesaggio politico. Le società arabe dove si è svolta questa Primavera appaiono nettamente fratturate e spaccate in due. E’ quanto è avvenuto in Egitto, ma anche in Tunisia. C’è un problema di svolgimento della democrazia, in quanto il presidente Morsi è stato eletto regolarmente con oltre il 51% dei voti. Bisogna quindi verificare se c’era una base legale per la sua destituzione.



Lei non condivide quanto è avvenuto?

Se la piazza serve a costruire e a disfare il consenso politico, le democrazie non possono che essere estremamente fragili. Il compito dell’Onu dovrebbe quindi essere quello di verificare se sono state rispettate tutte le condizioni legali per la messa in stato d’arresto del presidente. Se così non fosse si porrebbe un problema di svolgimento dello spazio democratico. L’intervento dell’Onu sembra però quasi andare a sostegno del fronte islamista.

Per quali ragioni?

L’intervento dell’Onu non è a favore dei Fratelli musulmani, ma ha il difetto di essere tardivo. Allorché c’era la necessità di un aiuto nella transizione politica e democratica le Nazioni unite non si sono fatte sentire, mentre subentrano nel momento in cui la situazione sta degenerando in guerra civile. Nel momento in cui il rapporto di forza dei sostenitori e degli avversari dei Fratelli musulmani è quasi uguale, si fa più elevato il rischio di una guerra civile e di una deflagrazione politico-sociale.



Come si spiega la spaccatura interna a un Paese come l’Egitto?

Non si tratta di una novità, le società musulmane sono sempre state divise, anche se adesso forse si tratta di un fenomeno più massiccio. L’opinione pubblica araba reagisce con forza di fronte alla crisi economica che peggiora di giorno in giorno e alla grande questione dell’aggressione delle minoranze religiose e della libertà pubblica in Medio Oriente. Di fronte all’incremento del rischio della costruzione di uno Stato etico che tende a ridurre ulteriormente le libertà pubbliche, il rischio di un conflitto si fa sempre più reale.

 

Quali sono le radici culturali di questo conflitto?

Nell’islam sunnita manca una gerarchia, e quindi ciascuno afferma che la religione debba essere in un modo o nell’altro a partire dalle sue convinzioni. Troviamo chi sostiene un principio e chi dice tutto il contrario, e in assenza di un’autorità religiosa in grado di definire esattamente i contenuti di fede, la società è molto malleabile e può scivolare da un estremo all’altro.

 

(Pietro Vernizzi)