L’Egitto sull’orlo del baratro: da una parte il presidente eletto un anno fa Morsi che si dice pronto al martirio, dall’altra i militari che si dichiarano pronti a morire per il popolo. In mezzo appunto il popolo, quel popolo egiziano spaccato in due tra islamisti e liberali. Come si sa da giorni milioni di egiziani chiedono le dimissioni di Morsi, espressione del partito dei Fratelli musulmani che con un colpo di mano ha ritoccato la costituzione a proprio favore lo scorso dicembre con intenti autoritari e di islamizzazione del paese. A sorpresa l’esercito si è schierato con l’opposizione: era stato dato un ultimatum a Morsi di 48 ore per trovare un accordo con l’opposizione, ma Morsi lo ha rifiutato. Adesso i militari fanno sapere che senza accordo potrebbero decidere di sciogliere il parlamento e di sospendere la costituzione: un colpo di stato insomma. Intanto continuano gli incidenti nelle piazze egiziane: nell’ultima notte soltanto si contano sedici morti e duecento feriti. Morsi ha spiegato ieri sera alla televisione le ragioni del suo no alle dimissioni o ad accordi: “Le elezioni egiziane sono state libere e rappresentative della volontà popolare, sono stato eletto democraticamente. E anche se ho fatto degli errori la corruzione e altre sfide ereditate dal vecchio regime, rimangono, ci vuole tempo per risolverle” ha detto. Ha confermato di non essere assetato di potere, ha accusato parte dei rivoltosi di voler il ritorno al regime di Mubarak e ha chiesto alle opposizioni oneste di collaborare con lui. Poco dopo sulla pagina facebook del Consiglio supremo delle forze armate è apparso questo messaggio: “Siamo pronti a morire per difendere il popolo dell’Egitto contro i terroristi, i radicali o i pazzi”.