Da quando Joseph Niépce e Louis Daguerre, approfondendo le scoperte chimiche sul nitrato d’argento fatte da Sant’Alberto Magno quasi seicento anni prima, inventarono nel decennio del 1820 la fotoincisione e il dagherrotipo, un semplice gesto meccanico ci permette di registrare la realtà così com’è, senza più dipendere dalla propria immaginazione o da quella altrui, né dalla abilità tante volte dubbia dei pittori. Tuttavia, una foto non è la fredda immortalazione di un istante, ma ha anche in sé la magia di provocare ricordi intensi, il nobile sentimento della nostalgia e, in certi casi, di trapassare la barriera degli sguardi e dei sorrisi per rivelare il tesoro dell’animo umano.



Non era questo che cercava Cristina Kirchner a Rio de Janeiro, portando con sé Martín Insaurralde, candidato governativo nel distretto argentino più importante, alla chiusura della GMG con Papa Francesco. Niente di tutto quanto descritto, voleva solo “la foto”. Quale? Quella di Insaurralde con il Papa, la stessa che nei giorni seguenti ha tappezzato le vie della capitale argentina , con il chiaro slogan elettorale “non lasciate che si spenga la speranza”, appropriandosi di questa frase di Francesco ai giovani riuniti a Rio, legandola alle primarie che si terranno domenica 11 agosto per la scelta dei candidati alle elezioni legislative del prossimo ottobre, dove si giocherà la tenuta del modello kirchnerista in vista delle presidenziali del 2015.



Un notevole cattivo gusto, una detestabile manipolazione, un falso passo elettorale. La superbia governativa sottostima l’intelligenza del popolo. Nessuno dimentica, infatti, che quando Bergoglio era Arcivescovo di Buenos Aires e Primate di Argentina, Cristina lo ignorava e snobbava costantemente, considerandolo un oppositore, il più odiato dopo il quotidiano Clarin.

Il Papa, subito dopo la sua elezione al Conclave e anche ora durante la sua visita in Brasile, non solo l’ha ricevuta con il calore e l’affetto che lei non ha mai saputo dimostrare prima, ma non ha perso occasione per riservarle gesti di sincera umanità, sia aprendole le braccia, sia facendole un regalo per il nipote nato di recente, sia dandole il Documento dell’Aparecida, con la raccomandazione di leggerlo attentamente, sia accettando la compagnia inusuale di Insaurralde tra i capi di Stato per ottenere quella benedetta foto.



Che nessuno avanzi dubbi sulla diplomazia vaticana: se Insaurralde è arrivato al Papa è perché lo ha permesso Francesco. E Francesco non è uno sprovveduto, sa benissimo quello che qui tutti noi sappiamo: che una manovra pubblicitaria come questa non porta voti, semmai ne sottrae.

Il governo se ne è reso conto, sia pure tardivamente, e diversi portavoce governativi e lo stesso Insaurralde si sono affrettati a prendere le distanze dai manifesti. Questi però erano firmati dalla “Equipos de Difusión”, un’agenzia pubblicitaria di proprietà di un ex segretario per i media kirchnerista, che riceve notevoli somme di denaro in via ufficiale, non lasciando dubbi sui reali autori dello spot pubblicitario.

Il fatto che Cristina debba “attaccarsi” alla sottana bianca di Bergoglio è rivelatore dell’inquietudine del governo di fronte alle elezioni legislative: benché la frammentazione della opposizione continui a giocare a suo favore, rappresenta una seria minaccia per il governo la apparizione di nuove figure combattive e con solidi appoggi politici ed economici, come l’amministratore di Tigre, municipio modello del conglomerato di Baires, Sergio Massa.

D’altra parte, con l’eccezione di Mauricio Macri, capo del governo della Città di Buenos Aires, che intende correre da solo, il resto dell’opposizione sembra indirizzato a non ripetere l’errore del 2009, quando, dopo aver vinto le elezioni contro Néstor Kirchner, non seppe sfruttare la maggioranza in Parlamento per le proprie divisioni.

Oltre alla questione elettorale, il governo di Cristina ha di fronte altri due scenari entrambi legali, uno esterno e l’altro interno, che possono provocare forti mal di testa. La Corte di Appello di New York in questi giorni deve esprimersi sulla posizione della Argentina di fronte al ricorso dei possessori di titoli pubblici argentini andati in default nel 2002. A seguito di questa sentenza, le finanze pubbliche argentine possono soffrire un grave rovescio, proprio quando le “ganasce” sui cambi imposte dal governo più di un anno fa non riescono a evitare l’emorragia nelle riserve provocata proprio dal governo, che aumenta sistematicamente la spesa pubblica.

Sul fronte interno, la Corte Suprema ha un bel lotto di casi sul punto di essere decisi, tutti ad alta tensione politica e che promettono di far rivivere il conflitto mediatico di poteri di solo un mese fa, quando ha dichiarato incostituzionale la riforma con la quale il governo ha tentato di intaccare l’indipendenza dei magistrati.

Legge sui media (con la quale il kirchnerismo cerca di frammentare il Gruppo Clarin), espropriazione delle proprietà della Sociedad Rural Argentina (altro “nemico” dichiarato per il kirchnerismo dopo un conflitto su questioni edilizie), legge di Compartecipazione Federale (iniziativa di due importantissime province, Santa Fe e Cordoba, che reclamano dal governo federale una notevole maggiore quantità di denaro rispetto all’attuale rapporto centro-province), solo per indicare i casi più importanti, ma la lista è lunga.

Le urne daranno il loro responso tra pochi giorni e sapremo se “la foto” verrà conservata nell’album del governo o in quello dell’opposizione.