Le tendopoli in due aree del Cairo occupate dai Fratelli musulmani, che dallo scorso 5 luglio protestano per la deposizione del presidente Mohamed Morsi, sono state sgomberate dall’Esercito con la forza. Le ruspe hanno spazzato via gli striscioni pro-Morsi, mentre soldati dai tetti sparavano sulla folla. Secondo il ministero della Salute, si sono registrati in tutto 150 morti e 1.403 feriti. I Fratelli musulmani hanno deciso di vendicarsi di quanto è accaduto sui cristiani, assaltando le chiese e appiccando loro il fuoco con le bottiglie incendiarie. Il vicepresidente della Repubblica e Premio Nobel per la Pace, Mohamed ElBaradei, si è dimesso dall’incarico spiegando: “C’erano opzioni pacifiche per risolvere la crisi”. Come sottolinea dal Cairo Tewfiq Aclimandos, professore di Storia araba contemporanea al Collège de France, “i leader dei Fratelli musulmani avevano già previsto il blitz delle forze dell’ordine, e per rispondervi hanno predisposto un piano che si basa su attacchi premeditati contro le chiese, le centrali di polizia e le altre istituzioni dello Stato”.



Per quale motivo le “opzioni pacifiche” sono state scartate in favore di un’azione di forza?

I Fratelli musulmani nei giorni scorsi avevano proposto la creazione di un “Esercito Egiziano Libero”, polemizzando inoltre nei confronti di alcuni ministri. Il nuovo regime ha ritenuto che si fosse passato il segno, o che quantomeno fosse un buon pretesto per intervenire. I partiti democratici preferirebbero una soluzione politica ed elezioni libere con la partecipazione degli stessi Fratelli musulmani. Questi ultimi però non hanno accettato la deposizione di Morsi, optando per una escalation.



Come valuta l’operato dell’esercito?

Disapprovo del tutto le violenze che sono avvenute ieri, anche se ritengo che quanti erano in piazza Rabaa al-Adawiyah non fossero dei manifestanti pacifici. In diverse occasioni i manifestanti pro-Morsi nei giorni scorsi avevano minacciato gente comune e passanti.

In questo momento chi comanda in Egitto, il premier Hazem Al Beblawi o i generali dell’esercito?

Su questo non ci sono dubbi, le chiavi del Paese sono nelle mani dei militari, quantomeno per quanto riguarda il controllo della sicurezza.

Che cosa accadrà nelle prossime ore?

I Fratelli musulmani cercheranno di organizzare delle nuove manifestazioni e di mettere in atto altre forme di violenza, in particolare contro le chiese, le stazioni di polizia e altre istituzioni dello Stato. E’ quanto sono riusciti a fare finora, ma la vera questione è se riusciranno a farlo ancora per un paio di giorni o per diversi mesi. I leader del partito islamista si aspettavano il blitz delle forze dell’ordine e avevano un piano. Questa strategia consiste appunto in una moltiplicazione degli attacchi contro le centrali di polizia e le chiese.



 

I Fratelli musulmani sono abbastanza forti da poter sfidare l’Esercito per lungo tempo?

Nessuno lo sa esattamente. Quella dei Fratelli musulmani è un’organizzazione molto potente, finora è stata in grado di mettere in campo numerose manifestazioni, ma sostenere uno scontro violento con l’esercito è un’altra cosa. Pur essendo provvisti di armi e altri mezzi militari, non so se questi ultimi saranno sufficienti per provocare una guerra civile.

 

Qual è il progetto dell’esercito?

L’esercito ha tutto l’interesse a favorire una vera transizione verso la democrazia, e nello stesso tempo a controllare che questo processo non intacchi i suoi stessi privilegi. Il problema dell’Egitto è che c’è una sola forza politica organizzata, i Fratelli musulmani, la cui natura non è democratica ma molto simile al fascismo.

 

Quali scenari si attende per il futuro?

Le possibilità sono quattro. La prima è la creazione di una sorta di bonapartismo, supportato da personalità legate al regime dell’ex presidente Mubarak. L’ipotesi più auspicabile sarebbe una vera democrazia. Sono certo che nel lungo termine è questa la soluzione che prevarrà, in quanto i partiti realmente democratici rappresentano la maggioranza del Paese. Sono però estremamente divisi e frammentati al loro interno, e quindi incapaci di prendere il potere nel breve periodo. Il terzo scenario è una teocrazia totalitaria, ed è questo il progetto dei Fratelli musulmani. Infine la quarta possibilità è il caos.

 

In molti hanno accusato i Fratelli musulmani per gli attacchi contro le chiese. Ma non è anche responsabilità del governo e dell’esercito che non le hanno difese?

Se devo essere proprio sincero, non ho una risposta certa a questa domanda. Il fatto è che in Egitto ci sono numerose chiese, e non si tratta degli unici obiettivi sensibili da proteggere. Il governo si è giustificato spiegando che non è in grado di essere sempre e ovunque. Resta il fatto che attaccando le chiese i Fratelli musulmani hanno fatto la scelta più sbagliata anche dal punto di vista dell’immagine, e non escludo che a qualcuno nel governo ciò non sia dispiaciuto.

 

(Pietro Vernizzi)

Leggi anche

CAOS EGITTO/ Ecco come la nuova Costituzione isolerà i Fratelli musulmaniEGITTO/ Padre Mistrih: se l'esercito vuole la pace, difenda anche i cristianiEGITTO/ Il presidente Mansour: nessun rischio di un ritorno allo Stato di polizia