Come viene riportato dai media il tragico caos egiziano, lo scontro che sembra portare direttamente a una guerra civile? C’è un duplice aspetto da considerare nella tragedia che si svolge tra le grandi città del Cairo, di Alessandria e ormai di tutte le altre del Paese. Le guerre hanno sempre avuto un loro specifico lato mediatico, basterebbe ripensare alle tecniche scrupolosamente studiate dal cinese Sun Tzu, oppure alle esperienze che visse il grande Walter Lippmann sul fonte francese nella prima guerra mondiale. Con gli anni la comunicazione ha assunto un aspetto determinante nella guerre e le guerre sono diventate sempre più mediatiche. Ma oggi, ovviamente, con l’irruzione dei media più sofisticati, con i new media, con i social network, con la “rete” la guerra mediatica è di diventata ancora più esplosiva. “E’ anche una guerra mediatica, come tutte le guerre contemporanee”, precisa il professor Mario Morcelini, preside della Facoltà di Scienza della comunicazione alla Sapienza di Roma.
Le sembra che si usino trucchi, mezzi di disinformazione?
Non saprei come rispondere a questo. Quello che più mi fa impressione è la scansione dei telegiornali, che noi vediamo ora dopo ora. Sembra costruita a uso e consumo per il mondo occidentale.
Anche se la situazione appare abbastanza chiara nella sua crudezza. E’ l’esercito che in questo momento sta intervenendo con una forza inusitata.
Il fatto più sconcertante, quello che più colpisce in questa vicenda, è che un’istituzione come l’esercito, che dovrebbe essere una garanzia per tutti i cittadini, sia schierato in modo unilaterale e intervenga con ogni pretesto. Direi anzi che l’esercito crea addirittura dei pretesti per attuare una sua politica, per arrivare a una guerra civile provocata dall’esercito stesso.
In una situazione di questo tipo è difficile trovare una soluzione, oppure anche una mediazione di carattere internazionale.
In questo momento è davvero una situazione complicata. Difficile prevedere gli sviluppi di un simile macello, di come evitare un simile massacro, che poi inevitabilmente è destinato a creare odi e divisioni che si protrarranno per anni nella società egiziana.
Ritorniamo a quella che può essere definita la guerra mediatica. In questo momento chi gestisce i media ufficiali è indubbiamente il potere, gestito e rappresentato dall’esercito, quindi le notizie possono anche essere distorte.
Certo, in questo momento l’esercito, il potere gestisce l’apparato mediatico del Paese, ma occorre fare molta attenzione a quello che lancia la “rete”. In questo caso, la stessa ufficialità dei media può diventare meno penetrante, meno efficace dei messaggi che arrivano dalle rete, che possono avere anche una funzione più importante di informazione. Questo è il vero salto di qualità delle guerre contemporanee, che sono diventate particolarmente mediatiche, proprio per la gestione delle notizie che vengono diramate, sia dalle fonti cosiddette ufficiali, sia da quelle che vengono lanciate attraverso la rete da persone che assistono agli avvenimenti direttamente, che sono, ad esempio, a contatto con la caotica realtà egiziana in questo momento.
(Gianluigi Da Rold)