L’altra faccia della rivolta dei sostenitori di Morsi contro l’esercito egiziano è l’attacco alla comunità cristiana, accusata di essere parte integrante del complotto che ha spodestato l’unico presidente democraticamente eletto. Nella giornata di Sabato 17 agosto, un gruppo di integralisti ha appiccato il fuoco in una Scuola francescana del Cairo e subito dopo ha sfilato per le strade con delle suore in ostaggio, come fossero prigioniere di guerra, fino a quando una donna musulmana è riuscita prendere sotto la sua egida le malcapitate offrendo loro rifugio. A dare notizia dell’increscioso evento è The Associated Press che ha intervistato Sorella Manal, 47 anni. Altre due donne che lavoravano nella scuola sono state molestate sessualmente mentre cercavano di divincolarsi tra la folla dei manifestanti. Nei quattro giorni in cui le forze dell’esercito hanno sgomberato i sit-in organizzati dagli antagonisti, gli islamici hanno attaccato una dozzina di chiese copte, oltre a case e aziende possedute dalla minoranza cristiana. La campagna di intimidazione sembra fungere da avvisaglia per i cristiani fuori dal Cairo a non prendere parte a nessun attivismo politico.
I cristiani sono vittime da lungo tempo della discriminazione e della violenza messa in pratica dalla maggioranza musulmana egiziana. I copti costituiscono solo il 10% della popolazione su un totale di 90 milioni. Gli attacchi risalgono a prima dello scoppio della guerra civile: vi era stato un netto aumento col sorgere della primavera araba nel 2011. In totale si stimano 40 chiese bruciate dagli incendi appiccati da sostenitori dei Fratelli Musulmani e 23 gravemente danneggiate da mercoledì scorso, quando il comandante Al-Sisi ha dato l’ordine di sparare sulla folla.
La comunità cristiana egiziana, una delle più antiche del mondo, ha da sempre mostrato un basso profilo. Una volta spodestato Mubarak però, è diventata più attiva politicamente con l’intento di guadagnarsi un equo trattamento nel periodo successivo. Molti sostenitori di Morsi accusano la comunità copta di avere giocato un ruolo sproporzionato nei giorni delle manifestazioni di massa contro l’ex presidente, chiedendo a gran voce le sue dimissioni.
Nonostante l’assedio nei loro confronti per mano degli estremisti, si sono verificati casi di solidarietà tra musulmani moderati e cristiani. Centinaia di appartenenti a entrambe le comunità si sono aggregati in due monasteri situati nella provincia di Bani Suef al sud del Cairo poiché temevano un attacco feroce da parte dei più oltranzosi, ha riferito un attivista locale di nome Girgis Waheeb: “questa cooperazione è un’esempio di solidarietà umana ma non basterà per la protezione di queste chiese e monasteri”.Un altro attivista di fede cristiana, Ezzat Ibrahim della cittadina di Minya, afferma che sempre nella zona che si trova a sud del Cairo, dove la sua comunità costituisce il 35% della popolazione, la polizia ha deciso di lasciare almeno sette dei nove distretti, permettendo agli estremisti di operare impunemente. Nello stesso tempo i portavoce dei gruppi accusati di barbarie negano una loro possibile implicazione. Ha smentito Gamaa Islamiya, gruppo islamico dalla linea dura, un qualsiasi collegamento con i fatti di questi giorni, mentre Mourad Ali Said dei Fratelli Musulmani ha condannato gli atti violenza.