La responsabile della diplomazia Ue, Catherine Ashton, si è incontrata per due ore con Mohamed Morsi, presidente dell’Egitto deposto dai militari e recluso in una località segreta. Nel corso di una conferenza stampa, la Ashton ha dichiarato che Morsi sta bene, ha accesso alle informazioni, “legge i giornali e guarda la tv”. I due hanno avuto “una discussione amichevole, aperta e diretta, in cui è emerso il bisogno di fare passi avanti”. Ilsussidiario.net ha intervistato Gian Micalessin, inviato de il Giornale ed esperto di questioni mediorientali.



L’incontro tra la Ashton e Morsi implica che in qualche modo l’Ue starebbe sostenendo i Fratelli musulmani?

L’incontro tra i due non significa necessariamente che l’Ue stia appoggiando la Fratellanza, ma che in un momento di estrema tensione come quello attuale cercare di tenere sotto controllo il livello dello scontro è fondamentale. La visita della Ashton a Morsi è stata dunque assolutamente necessaria. Ci troviamo in un momento in cui i militari guidati dal generale Abdel-Fattah el-Sissi sembrano avere perso il controllo delle loro azioni. Stanno radicalizzando inutilmente lo scontro, in una situazione come quella egiziana nella quale i Fratelli musulmani dal punto di vista elettorale possono contare sul 30% dei consensi.



Quali possono essere le conseguenze di questa radicalizzazione del confronto politico?

Delegittimare un terzo del corpo elettorale vuol dire spingerne inevitabilmente una parte alla lotta armata. Cercare di dialogare con i Fratelli musulmani e di moderare la spinta repressiva dei militari è indispensabile per evitare che l’Egitto cada nella morsa del terrorismo. Non dimentichiamoci che già oggi il Sinai è un “buco nero” dove operano migliaia di jihadisti. C’è quindi il rischio elevato che i fuoriusciti dal movimento dei Fratelli musulmani che optano per la lotta armata si rifugino nel Sinai dando vita a una sorta di ultima trincea jihadista, che potrebbe portare alla chiusura di Suez e alla bancarotta del Paese.



I liberali egiziani hanno accusato gli Usa di sostenere apertamente Morsi. E’ davvero così?

Gli Usa hanno appoggiato i Fratelli musulmani perché hanno creduto agli accordi stipulati con il Qatar per la trasformazione del movimento di Morsi in una realtà politica capace di realizzare l’Islam democratico. Questo progetto riguardava non solo l’Egitto, ma anche la Tunisia e la Libia. L’esperimento oggi sembra definitivamente fallito in Egitto, dove Morsi non ha voluto applicare le regole della democrazia, ma ha preferito l’impostazione tipica di molti regimi fondamentalisti basata su un’imposizione con la forza.

 

In che modo è avvenuta questa imposizione?

Lungo due percorsi paralleli. Da un lato attraverso i decreti sulla Sharia nella Costituzione, dall’altra con il consolidamento di un potere accentrato nelle mani di Morsi e dei Fratelli musulmani. Ora gli Usa si ritrovano in estrema difficoltà in tutto il Medio Oriente, anche perché in Egitto l’unica alternativa sono i militari. Questi ultimi sono andati al potere con un colpo di Stato e stanno mostrando di volere usare il pugno di ferro nei confronti dei Fratelli musulmani, colpendoli e reprimendoli duramente.

 

Che cosa ne pensa di chi afferma che ci sarebbe qualcosa di poco chiaro dietro il sostegno degli Usa a Morsi?

E’ poco chiaro per chi non ha seguito gli sviluppi della politica Usa negli ultimi anni. Da quando nel 2009 Obama si è recato in Egitto per raccontare la sua strategia in Medio Oriente, il filo che lo legava al Qatar e ai Fratelli musulmani è sempre stato abbastanza chiaro. Ora abbandonare tutto e ammettere di essersi sbagliati non è facile, e quindi gli Usa devono per forza continuare a mantenere un appoggio formale a un presidente che è stato destituito con un colpo di Stato, e che era risultato eletto formalmente con un’elezione regolare approvata anche dai militari.

 

Perché Obama non appoggia l’Esercito egiziano?

Washington non può permettersi di dare il suo sostegno a un regime che è sorto con un golpe e che sta imponendo il suo potere con una durissima repressione. Insomma gli Stati Uniti si sono cacciati in un vicolo cieco che hanno creato con la loro stessa politica.

 

Qual è il ruolo di Qatar e Arabia Saudita in questa vicenda?

Quella tra Qatar e Arabia Saudita è una delle contrapposizioni presenti nel cosiddetto “campo sunnita”. Da un lato il Qatar ha scelto di appoggiare i Fratelli musulmani come strumento della sua politica, dall’altra l’Arabia Saudita privilegia i salafiti. Ciò è avvenuto fin dagli inizi della rivoluzione in Tunisia, che è stata sostenuta dal Qatar e dall’Arabia Saudita sfruttando i due diversi movimenti presenti sul terreno. Non è un caso che i salafiti abbiano firmato l’accordo con gli altri gruppi per fare cadere Morsi, in quanto quest’ultimo era contrario agli interessi dell’Arabia Saudita.

 

(Pietro Vernizzi)