A circa due anni di distanza dal tragico terremoto dell’11 marzo 2011 verificatosi in Giappone, in alcuni punti della centrale nucleare di Fukushima sono state trovate fuoriuscite di acqua altamente radioattiva rilasciata nel suolo. Già lo scorso 22 luglio, la società che si occupa della gestione dell’impianto, la Tepco, aveva annunciato per la prima volta la perdita di acqua radioattiva nell’oceano Pacifico, in seguito all’accumulo del liquido sotto i reattori nucleari. In quell’occasione gli esperti sospettavano da tempo il potenziale disastro ambientale ma non ne fecero notizia fino a un mese fa, quando non sembrava più ragionevole nascondere un problema che sarebbe comunque venuto a galla. Fino a quel momento la Tepco aveva sempre negato l’eventualità del caso. Le smentite riguardo la contaminazione erano sempre pronte anche di fronte alle rilevazioni effettuate da associazioni ambientali che avevano dimostrato la presenza di un alto grado di radioattività nel sottosuolo, e a livello del mare, nei pressi dell’impianto. In questi giorni la compagnia ha voluto uscire allo scoperto nuovamente dichiarando che almeno 300 tonnellate di acqua radioattiva sono fuoriuscite dalla centrale e si sono infiltrate nel suolo sopra cui giace la struttura. Non una quantità innocua ma bensì 300 mila litri di materiale nucleare disperso. L’impatto ambientale è drammatico, e anche se non si possono notare le conseguenze nell’immediato, gli esperti hanno considerato la perdita come “incidente di livello 1”. Secondo quanto riportato dagli organi competenti giapponesi, questo sarebbe l’episodio di inquinamento ambientale più grave dopo le esplosioni, al momento della catastrofe nel 2011, che avevano danneggiato i reattori della stessa centrale nucleare Fukushima Dai-Chi. Non sono mancate le polemiche dei paesi vicini che richiedono maggior trasparenza nella pubblicazione delle notizie riguardo il caso. In prima linea ci sono Cina e Sud Corea che, oltre ad aver messo in dubbio l’abilità della società Tepco nella gestione della situazione, richiedono al governo giapponese di prendere misure per contrastare la contaminazione del Pacifico sia per quanto concerne le flora marina, sia per quanto riguarda la pesca.



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