In pochi mesi il Portogallo è passato da essere considerato uno dei paesi Ue più a rischio, con un rapporto debito/Pil al 127%, al vivere un rilancio del tutto imprevedibile. Nell’ultimo trimestre quella portoghese è stata l’economia che è cresciuta di più in tutta l’Eurozona, con un formidabile +1,1%. Lisbona ha superato una crisi politica simile a quella italiana, che rischiava di fare cadere il governo, grazie a un accordo tra i principali partiti politici. Ed è riuscita a riequilibrare il bilancio per due terzi grazie a tagli alla spesa pubblica. Martedì il Ministro per lo Sviluppo Regionale e Capo di Gabinetto del Primo Ministro, Miguel Poiares Maduro, è intervenuto al Meeting di Rimini nel corso dell’incontro “L’Europa dei popoli, Europa degli Stati”.



Ministro Maduro, quale Europa vorrebbe per il Portogallo e per gli altri paesi membri?

Da un lato l’Europa non può prescindere dalle regole e dalla disciplina, necessarie per assicurare a tutti la possibilità di giocare allo stesso livello, e ciò implica una disciplina fiscale e di bilancio. Dall’altra ritengo indispensabile un’Europa della crescita economica e con dei valori al di là dell’unione fiscale e monetaria. Un’Europa che si basi su un vero spazio politico europeo, su delle politiche, su delle idee, su dei valori che vanno al di là della pura integrazione monetaria.



Dopo il voto tedesco del 22 settembre si potrà dar vita a una rimodulazione delle politiche fiscali?

Il futuro dell’Europa non dipende soltanto dalla Germania. A volte il messaggio che passa è che chi comanda in Europa è la Germania. Tutti invece abbiamo una responsabilità: scoprire le ragioni d’essere più profonde della nostra Unione e riuscire a spiegare ai cittadini i vantaggi che ne derivano. Questo è il punto più importante per riuscire a trasformare il Vecchio Continente e a metterlo nelle condizioni di superare questa crisi politica ed economica.

Si potrà giungere davvero a un’Europa anche dei popoli, dopo quella monetaria e di bilancio?



Sì. Gli strumenti perché ciò avvenga sono la creazione di uno spazio politico e un’identificazione più chiara con le ragioni d’essere dell’Europa. Oggi l’Ue non può giustificarsi soltanto sulla base dell’integrazione tra i mercati o della prevenzione della guerra. Sono tutti valori molto importanti ma che non bastano. C’è bisogno di un’Europa che sulla base della costruzione di questo spazio politico comune reinventi un contratto sociale a livello comunitario e permetta ai cittadini di riscoprire la ragione d’essere dell’Ue in un contesto globale. Deve essere quasi una riscoperta esistenziale del senso dell’uomo di oggi in un mondo globale.

Il tema del Meeting di quest’anno è “Emergenza uomo”. Lei pensa che una delle ragioni della crisi sia anche il senso di smarrimento che popoli e individui stanno sperimentando in questo mondo multipolare, globalizzato ma anche vittima di un relativismo che annichilisce?

Questo è uno dei grandi problemi che abbiamo oggi. La globalizzazione ha contribuito a questa perdita di un senso e l’Europa può e deve aiutare alla ricerca di una sua riscoperta.

 

La dittatura dei mercati non è, a suo modo, una forma di schiavitù che nega l’essenza stessa dell’individuo, dell’uomo tra gli uomini?

I mercati sono importanti, perché determinano le condizioni di vita delle persone. L’errore è pensare che i mercati siano tutto, mentre in realtà sono uno strumento e devono essere soggetti a principi etici e ad altri valori. La ricerca dell’identità di un’unità politica e di ogni singolo essere umano non può essere basata soltanto sui mercati.

 

Pensa che esista il rischio di derive autoritarie in Europa come reazione alla crisi e alla sempre maggiore austerity che cittadini già stremati devono sopportare?

Derive autoritarie classiche non credo che siano possibili in questa fase della storia dell’Europa. Il vero rischio è il populismo. La complessità dei soggetti, delle sfide che abbiamo di fronte, la velocità dei tempi mediatici, la superficialità con cui molti temi sono trattati da parte di politici e media fa strada a una forma di populismo. La politica ha bisogno di semplificare ciò che è complesso per renderlo comprensibile a tutti. È questo che permette la democrazia, ma a volte dalla semplificazione è facile passare alla falsificazione e il campo della falsificazione è quello dove trova spazio il populismo.

 

Cosa può raccontarci dell’esperienza portoghese nella transizione tra la giunta Salazar e il ritorno alla democrazia compiuta?

Questa transizione è avvenuta già molti anni fa ed è stata un’esperienza diversa, in quanto i tempi, i media, le forme di organizzazione della politica erano diversi. Quella fase non è stata immune da rischi, come ne abbiamo oggi, anche se le due situazioni storiche sono obiettivamente diverse. Non credo che sia possibile confrontare l’esperienza della storia del Portogallo, della Spagna o della Grecia di allora con l’attuale situazione politica europea.

 

Pensa che il suo Paese riuscirà a tornare sui mercati di finanziamento del debito già il prossimo anno?

Sì. Abbiamo tutta la fiducia perché ciò avvenga, il Portogallo ha soddisfatto tutti i requisiti della trojka, nell’ultimo trimestre abbiamo avuto delle notizie molto positive e siamo stati il Paese europeo con la crescita del Pil più elevata. Abbiamo avuto una riduzione della disoccupazione molto importante. La ripresa economica non sarà facile, ma questi segnali positivi sono decisivi, e ci rendono del tutto fiduciosi nel fatto che saremo nelle condizioni per accedere ai mercati, anche se con dei modelli di assicurazione comuni a livello europeo, per fare sì che Portogallo e Irlanda abbiano un accesso più facile ai mercati.

 

Accederete su tutto l’arco delle scadenze, in modo da ricadere sotto l’ombrello protettivo del programma Omt della Bce per l’acquisto di bond?

Non voglio speculare in questo momento su quale sarà il meccanismo d’aiuto all’accesso dei mercati di capitali da parte di Paesi come Portogallo e Irlanda. La Commissione Ue ha già detto che questo avverrà, è presto però per dire se sarà un meccanismo assicurativo o di altro tipo.

 

Le privatizzazioni del patrimonio pubblico in Portogallo sono state misure una tantum. Come spera di rientrare nei parametri concordati con la troika?

Il Portogallo ha anche attuato una riduzione sostanziale della sua spesa pubblica. Due terzi del processo di aggiustamento di bilancio del nostro Paese è avvenuto in questo modo, e buona parte di questi due terzi è rappresentato da una riduzione strutturale della spesa pubblica. Insieme alla lotta all’evasione fiscale e alle riforme, è ciò che ci ha permesso di essere nelle condizioni di soddisfare tutti i criteri per l’accesso al mercato e per l’adempimento dei nostri obblighi europei.

 

La vostra ratio debito/Pil è del 127%, può escludere una ristrutturazione del vostro debito sull’esempio greco?

Il Portogallo non prevede nessuna ristrutturazione del debito pubblico, in quanto sarebbe qualcosa del tutto inconcepibile. Il metodo giusto per ridurre il peso del debito pubblico in uno Stato come il Portogallo è fare quello che stiamo facendo insieme ai nostri partner europei. Si tratta di un’estensione delle scadenze dei prestiti, che ci permetterà a poco a poco di ridurre il debito pubblico.

 

Il Portogallo ha attraversato una crisi politica simile a quella italiana. In che modo ne è uscito?

In questo momento abbiamo un governo più solido, coeso e più forte. Non credo sia prevedibile una crisi politica in Portogallo, anche perché il rischio di crisi politica negli scorsi mesi ha reso chiaro a tutti i partiti che i rischi economici sarebbero stati molto alti.

 

(Pietro Vernizzi)