Per l’Alto Commissariato dell’Onu sono più di un milione i bambini profughi fuggiti dal conflitto in Siria. In molti purtroppo, oltre alla casa hanno perso anche i genitori e ora, nel perdurare dell’incertezza, rischiano di perdere perfino il loro futuro andando incontro a sfruttamento, prostituzione, droga. Molti di questi bambini hanno per ora trovato asilo in Libano, dove però la situazione sta diventando ogni giorno sempre più pesante. Nel pomeriggio intanto due bombe sono scoppiate nel centro di Tripoli, nel nord del Libano, nei pressi di due moschee, durante la preghiera del venerdì, provocando decine di morti e feriti. Al telefono abbiamo raggiunto Marco Perini, responsabile AVSI in Libano, per chiedergli un resoconto di come sono andate le cose.



Ci è appena giunta notizia di due violente esplosioni avvenute a Tripoli, nei pressi di due moschee mentre era in corso la preghiera del venerdì. Che notizie ha?

Sto guardando le immagini alla televisione e posso dire che sono davvero raccapriccianti. Ce n’è una in cui la bomba scoppia all’interno della moschea mentre è in corso la preghiera. E’ drammatico. Come lo è del resto tutto quello che sta accadendo qui. Al momento si parla di una trentina di morti e di decine di feriti.



Le autorità libanesi hanno fatto sapere che non permetteranno che il conflitto si allarghi. Però la tensione sta aumentando.

Chiaramente mi auguro che facciano quello che dicono. Quel che è certo è che qui le tensioni si stanno acuendo. La situazione è delicatissima e l’equilibrio fragilissimo. In questo momento tutto quello che sta succedendo in Siria, tutti i giorni, un po’ di più, pesa sul Libano.

Può dirci quello che sta accadendo?

Stiamo accogliendo profughi tutti i giorni. Nella valle della Bekaa, ma non solo lì, ci sono interi villaggi dove il numero dei profughi ha ormai raggiunto quello degli abitanti. Tanti di questi, che accolgono anche 2mila profughi, stanno sopportando una pressione enorme. E il livello sta aumentando ancora. In Libano ci sono ormai più di un milione di profughi. Se a questo si aggiungono attentati come quelli di oggi, la situazione si fa ogni giorno più critica.



Molti di questi profughi sono bambini: per l’Onu sono un milione…

Senza essere l’Onu, avevamo anche noi questo stesso dato perché là dove lavoriamo, nella west Bekaa e nel campo profughi di Marj El Kok, i numeri sono proprio quelli. A Marj El Kok, ad esempio, su 1.090 profughi il 50 per cento sono bambini. Purtroppo è una triste realtà che constatiamo tutti i giorni.

Come si vive nei campi? 

Proprio ieri ero al campo di Marj El Kok e sono andato a trovare Israa, una bambina di nove mesi, da sei in Libano. Sei mesi fa ha perso il papà che era uscito di casa per andare a comprarle della verdura al mercato. Israa ha altri due fratelli e una mamma, che si chiama Nada; sono lì sotto una tenda a 40 gradi. E questa è la storia di una bambina su un milione. È una sconfitta per tutti noi. Siamo tutti un po’ colpevoli quando c’è un milione di bambini in giro per il mondo, abbandonati, disperati, senza acqua, luce e con il rischio del colera.

 

Che ne è de bambini che hanno perso i genitori?

Sono esposti a pericoli gravissimi. Dopo la perdita dei genitori, c’è il trauma per aver lasciato la propria casa, la scuola, gli amici. Per loro si aprono insidie pericolosissime. In questa situazione di incertezza rischiano sfruttamento, prostituzione, violenza sessuale, lavoro minorile, droghe.

 

Sull’uso del gas non ci sono ancora conferme, nessuno si sbilancia. Sul web intanto gira un video che fa venire i brividi; le immagini sono di una ragazzina siriana ancora sotto choc dopo un attacco con armi chimiche. A lei cosa risulta?

Quelle immagini le ho viste anch’io e devo dire che sono davvero inquietanti, al di là di chi sia stato. A me pare che in questi mesi di cattiva informazione, intendo informazione di parte resa ad hoc, ce ne sia stata parecchia. Quel video è davvero agghiacciante, come del resto lo sono le immagini che sto vedendo adesso dell’attentato all’interno della moschea. A me fanno impressione tutte e due allo stesso modo. Certo, se penso al gas e a quei bambini inermi, lì su quel pavimento, sono d’accordo con lei: fanno venire davvero i brividi. Vorrei però dire anche un’altra cosa.

 

Prego.

A me ha fatto altrettanta impressione, se non di più, sentire Laurent Fabius (ministro degli Esteri francese, ndr) dire ieri che nel momento in cui venisse accertato l’impiego di gas nervino si farà ricorso alla forza contro Bashar Al-Assad. Come se le bombe di Fabius provocassero meno morti del gas nervino, fossero meno cattive e facessero meno male ai bambini e alle persone che non c’entrano niente con questa guerra ma che sono i primi a patirne le conseguenze.

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