Una strategia di Putin per cacciare Obama nel “ginepraio” di una guerra in Siria, dalla quale gli Stati Uniti riceverebbero un danno d’immagine irrimediabile. A esserne convinto è Dario Fertilio, firma del Corriere della Sera, esperto di tecniche di disinformazione nonché fondatore dei Comitati per le Libertà insieme all’attivista russo Vladimir Bukovskij. Ieri il segretario americano alla Difesa, Chuck Hagel, ha dichiarato che le forze armate americane sarebbero pronte a lanciare un attacco armato contro la Siria non appena arriverà l’ordine di Obama. Dopo l’utilizzo di armi chimiche contro i civili, ha aggiunto Hagel parlando alla BBC, “abbiamo spostato i nostri asset vicino al teatro delle operazioni per essere in grado di mettere in atto qualsiasi forma di intervento sarà scelta dal presidente”. Intanto la tv Nbc ha diffuso notizie secondo cui “da giovedì inizieranno tre giorni di attacco alla Siria”. La Casa Bianca ha confermato quanto diffuso da diverse agenzie di stampa, secondo cui entro una settimana i servizi segreti americani renderanno note le prove sull’utilizzo di gas chimici da parte di Assad. Una situazione che ricorda da vicino quanto avvenne nel 2003 in Iraq. Per Fertilio, ci sarebbero fondati motivi per credere che all’epoca furono i servizi segreti russi a fornire a George W. Bush le prove, poi rivelatesi fasulle, sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. Ora Mosca, pur schierandosi apertamente contro un intervento dell’Onu in Siria, starebbe giocando la stessa partita per destabilizzare il suo eterno rivale, gli Stati Uniti.



Fertilio, che cosa ne pensa delle dichiarazioni del segretario Chuck Hagel?

La mia impressione è che l’intenzione di intervenire realmente ci sia. Una certa enfasi da parte dei media nel dare la notizia può essere giustificata. Obama sarà spinto dalle circostanze a rompere gli indugi, intraprendendo una serie di scelte forzate probabilmente dovuta a un errore tattico.



In che cosa è consistito questo errore tattico?

Nel fatto di avere indicato la famosa linea rossa da non superare, l’utilizzo cioè delle armi chimiche da parte di Assad. Quando si fa questo, fatalmente ci si trova costretti per non smentirsi ad agire quando la linea rossa è superata. Anche questo aspetto mi sembra un errore tattico, il fatto di essersi in qualche modo legato le mani auto-consegnandosi all’azione militare. Nell’insieme la politica estera di Obama dimostra ancora una volta di essere molto fragile e altalenante. Ciò non vuol dire che in questa circostanza la sua azione militare possa anche avere un esito favorevole.



Obama minaccia Assad per motivi umanitari o per difendere gli interessi americani?

Obama ha la necessità di dare sostanza a una politica estera che fino a questo momento si è dimostrata molto debole. Durante il suo primo mandato, sotto il segretario di Stato Hillary Clinton, i risultati del presidente Usa sono stati quasi disastrosi, fino all’epilogo dell’uccisione del console americano a Bengasi. Il secondo quadriennio nell’area mediorientale è iniziato con un’apertura di credito al nuovo presidente iraniano Hassan Rouhani, che sembrava essere un democratico e si è dimostrato invece il continuatore della linea tradizionalmente totalitaria del regime di Tehran.

E quindi? 

Obama è alla ricerca di una credibilità internazionale che sostanzialmente ha perso. Intervenire in Siria è un modo per mostrare che gli Stati Uniti ci sono ancora. Il motore scatenante della vicenda siriana sono i crimini contro l’umanità di Assad, e in particolare l’uccisione dei bambini e le armi di distruzione di massa. Si tratta di motivazioni che coincidono quasi completamente con quelle che giustificarono l’attacco all’Iraq di George W. Bush.

 

Quali sono le differenze tra Saddam Hussein e Assad?

Non ci sono differenze sostanziali. Quindi per coerenza coloro che a suo tempo osteggiarono l’attacco all’Iraq, soprattutto l’ala liberal dei democratici americani, ora dovrebbero opporsi a quello contro la Siria. Non credo che ciò avverrà, e il motivo è che non c’è coerenza nella linea dei democratici. Se l’attacco alla Siria ha delle motivazioni umanitarie, lo stesso si sarebbe dovuto dire per quello contro Saddam.

 

Le armi di distruzione di massa di Saddam non furono mai trovate. Avverrà lo stesso con quelle di Assad?

Su questo punto non ho delle prove “scientifiche”, ma un forte e fondato sospetto. L’idea che Saddam fosse in possesso di armi di distruzione di massa sarebbe stata suggerita dai servizi segreti russi. E’ strano che gli Stati Uniti abbiano commesso un errore materiale così grave come quello di denunciare l’esistenza di armi di distruzione che poi non furono trovate. Forse si trattò di una trappola di tipo spionistico.

 

E perché a fare scattare la trappola sarebbero stati proprio i servizi segreti russi e non qualcun altro?

Questa è un’ipotesi rispetto a cui ho soltanto degli indizi indiretti. I servizi segreti russi succeduti al Kgb hanno continuato, pur con nuovi metodi, l’opera di destabilizzazione del campo occidentale attraverso le tecniche di “disinformatia”, o disinformazione. Non è una cosa che ci deve sorprendere, il compito dei servizi segreti spesso è anche questo. Nel caso dell’Iraq, i russi avrebbero spinto gli americani a credere nell’esistenza di armi di distruzione di massa per preparare loro una trappola nella quale gli Usa sarebbero poi effettivamente caduti. Poi si scoprì che le armi di distruzione di massa non esistevano, e in questo modo la politica di Bush subì un pesante danno d’immagine.

 

Che cosa ha a che vedere questa vecchia storia con quanto sta avvenendo in Siria?

Al tempo di Saddam la Russia non appoggiò certo l’invasione americana, così come oggi si oppone a un intervento dell’Onu in Siria. Se oggi sul fronte siriano si dovesse ripetere la “trappola” russa, ancora una volta gli Stati Uniti sarebbero spinti indirettamente ad agire infilandosi in un ginepraio pericoloso. Dove tra l’altro non esistono certezze riguardo all’identità precisa sia delle armi chimiche, sia delle forze sul campo.

 

(Pietro Vernizzi)

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