Il sito di ricerca PewResearchCenter.org ha condotto un sondaggio in undici paesi, arabi e a maggioranza musulmana, per quanto riguardo il consenso popolare agli attentati suicida. All’interno di questa analisi è venuto in primo piano il parere positivo dei palestinesi che giustificherebbero il ricorso ad attentati kamikaze per la difesa dell’Islam e del territorio. Il sondaggio, realizzato un giorno prima dell’anniversario della strage dell’11 settembre, ha però messo in evidenza come la maggioranza degli intervistati prenda le distanze dall’operato di Al-Qaida. Tornando all’instabilità che regna da secoli in quei territori, ben il 62% dei palestinesi ha espresso il proprio supporto agli attacchi terroristici nei confronti di obiettivi civili; in particolare è favorevole a questo tipo di rappresaglia il 64% degli intervistati a Gaza, dove governa Hamas, e il 60% dei cittadini della West bank, sotto il controllo di Al-Fatah. Andando al di fuori del territorio israelo-palestinese l’opinione pubblica musulmana cambia radicalmente in quanto la maggioranza dei fedeli sarebbero sempre e comunque contrari ad atti terroristici: tra i paesi sondati vi sono la popolazione pakistana (89% contraria) dove tra l’altro vi è ancora una forte presenza di talebani esiliati dall’Afghanistan dopo l’intervento Nato del 2001, la popolazione indonesiana (81% contraria), quella nigeriana (78% contraria) dove è fortemente attivo il gruppo terroristico denominato Boko Haram, e quella tunisina (77% contraria). Sempre secondo il sondaggio è notevolmente diminuito nel corso degli ultimi anni l’appoggio ai movimenti terroristici in nome di una logica libertaria guidata dalla fede musulmana. Ben il 67% dichiara però di essere in qualche modo preoccupata riguardo l’estremismo religioso, a dimostrazione del fatto che il fenomeno non sia da sottovalutare poiché non è scomparso del tutto. I più allarmati risultano essere i cristiani maroniti del Libano, vittime insieme alle altre etnie di diverse guerre civili che hanno portato a massacri indiscriminati nelle diverse file degli schieramenti contrapposti su basi religiose. Si ricordi per esempio la guerra civile iniziata nel 1975 e durata per tutti gli anni Ottanta. Tornando alla questione israelo-palestinese il consenso della popolazione palestinese agli atti terroristici può essere spiegato facendo riferimento alla forte presenza del partito Hamas, diffusosi in seguito al declino del prestigio dell’Olp.



Durante gli anni Ottanta l’organizzazione guidata da Arafat è stata invisa dall’opinione pubblica locale a causa della corruzione endemica del movimento e per aver perso di vista il principale obiettivo della liberazione delle terre occupate da Israele. Hamas è riuscita infiltrarsi nei gangli vitali della società palestinese cercando di fornire l’assistenza sociale a una popolazione che aveva perso un punto di riferimento. La differenza di strategia per il raggiungimento degli obiettivi politici è di fondamentale importanza. Mentre l’Olp si dedicava alla lotta armata e alla guerriglia, Hamas ha cercato di conquistare il più alto numero possibile di adepti cercando di identificare la supremazia dell’Islam con la causa palestinese. E come si è visto negli ultimi anni, gli attacchi condotti dai militanti palestinesi sono stato di tipo terroristico andando quindi a colpire nella maggior parte dei casi la popolazione civile. Ad oggi la situazione sembra essersi acquietata ma continuano a persistere i motivi di contrasto: ad esempio i progetti di Israele per la costruzione delle abitazioni nei territori palestinesi. Dunque le premesse per una pace duratura sono sempre sul filo del rasoio nonostante gli sforzi della comunità internazionale.



(Mattia Baglioni)

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