“Il segreto della soluzione russa per mettere in sicurezza le armi chimiche di Assad sta nei 30 minuti di colloquio tra Obama e Putin durante il G20. Il summit iniziato sotto i peggiori auspici, con la tensione alle stelle tra Russia e Stati Uniti, ha fatto emergere che nessuno degli attori in gioco aveva interesse a scatenare una guerra che rischiava di fare esplodere la polveriera mediorientale”. Ad affermarlo è Alexey Bukalov, direttore dell’ufficio di Roma dell’agenzia di stampa russa Itar-Tass. Il piano di Mosca per mettere gli arsenali di armi chimiche della Siria sotto il controllo della comunità internazionale ha portato il presidente Obama a lasciare da parte le ipotesi di un intervento militare a favore dell’opzione diplomatica. Le agenzie di stampa russe hanno citato una fonte del governo di Mosca la quale ha affermato: “Abbiamo consegnato agli americani un piano per mettere le armi chimiche presenti in Siria sotto il controllo internazionale. Ci aspettiamo di discuterne a Ginevra”. Giovedì il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, e il segretario di Stato americano, John Kerry, si incontreranno in Svizzera per discutere la proposta.



Come è nata l’iniziativa russa nei confronti della Siria?

Putin ha intuito il momento delicato e particolare non solo per la pace in Medio Oriente, ma per la posizione dello stesso Obama. Il governo russo ha trovato così una soluzione che potrebbe calmare le acque, in quanto i depositi di armi chimiche passeranno sotto il controllo della comunità internazionale. Ricordo del resto che Pierre Piccinin, compagno di cella di Domenico Quirico, ha dichiarato che non ci sono certezze sul fatto che a usare le armi chimiche sia stato Assad.



Come si spiega la scelta di Putin di rinunciare alla linea dura e di optare per una mediazione?

A fare la differenza è stato il G20 di San Pietroburgo, che pure era iniziato sotto i peggiori auspici. Le relazioni tra Russia e Stati Uniti erano nella loro fase peggiore da almeno il 1999, da quando cioè l’allora premier, Yevgeny Primakov, era in viaggio per recarsi in visita negli Stati Uniti e venne a sapere che la Nato aveva iniziato a bombardare l’ex Jugoslavia. Primakov ordinò al pilota di invertire la rotta e di ritornare a Mosca senza passare da Washington.

Che cosa c’entra tutto ciò con il caso siriano?



A distanza di 14 anni Barack Obama ha compiuto qualcosa di molto simile a Primakov. Invece di raggiungere Mosca un giorno prima dell’inizio del G20, per incontrarsi personalmente con Vladimir Putin come era previsto, ha deciso di arrivare direttamente a San Pietroburgo. Tutto iniziava quindi con le peggiori premesse, poi Obama e Putin si sono incontrati per 30 minuti. Non sappiamo che cosa si siano detti, e non lo sapremo mai, ma dopo l’incontro è uscita la soluzione diplomatica russa.

 

Quante chance di successo ha il piano di Putin?

Questo piano ha già avuto successo perché l’intervento militare è stato rimandato. Qualsiasi rinvio dell’uso della forza è un successo per la pace: non sappiamo come andrà a finire ma intanto possiamo continuare a sperare. L’iniziativa russa è stata accettata sia da Assad sia da Obama.

 

Secondo lei anche Israele è favorevole o cercherà di fare fallire il piano?

Quella su Israele che vorrebbe fomentare lo scontro è una vecchia storia senza alcun fondamento. Stiamo parlando di uno Stato che si estende su una superficie molto ridotta e nel quale risiedono numerosi ex cittadini russi o sovietici. Conosco bene Israele perché lo visito spesso, e so che l’ultima cosa che vuole è la guerra. Il mio auspicio è che il governo Netanyahu mantenga sempre i nervi saldi per non cedere alle provocazioni.

 

Chi lavorerà di nascosto per boicottare la mediazione russa?

In questo caso nessuno, e non soltanto Israele, è realmente interessato a fare fallire la trattativa. Tutti comprendono che l’inizio di una guerra anche locale in Siria è un fatto molto pericoloso che rischia di fare deflagrare la polveriera mediorientale.

 

Per Edward Luttwak, tra Russia e Stati Uniti non possono esserci relazioni positive in quanto Putin ha bisogno di un nemico esterno per continuare a governare il Paese col pugno di ferro. E’ d’accordo con lui?

Luttwak è un grande osservatore, e io sto seguendo la politica interna di Mosca un po’ da lontano perché mi trovo a Roma. Se però Luttwak avesse ragione, Putin avrebbe dovuto opporsi a qualsiasi iniziativa pacifica in Siria, mentre al contrario è stato proprio il presidente russo a farsi interprete di una mediazione. In questo frangente dunque Putin ha guadagnato molta credibilità agli occhi dell’opinione pubblica anche russa.

 

(Pietro Vernizzi)