“Il vero rischio è che dopo il voto tedesco si affermi una nuova politica isolazionista. Il desiderio di ritirarsi dall’Europa è un sentimento trasversale agli elettori dei vari partiti, ed è una tentazione molto più forte rispetto a qualsiasi volontà egemonica”. Ad affermarlo è Gian Enrico Rusconi, professore di Scienza politica all’Università di Torino ed editorialista de La Stampa. Oggi la Germania è chiamata al voto e i sondaggi danno la Merkel nettamente favorita. Ma gli altri partiti della sua coalizione, come il Partito Liberal Democratico, potrebbero non superare la soglia di sbarramento del 5%, costringendo la Cancelliera a governare insieme ai suoi avversari.



Professor Rusconi, qual è la vera posta in gioco delle elezioni tedesche?

La Cancelliera Merkel con buona probabilità sarà rieletta, ma il vero problema è chi sarà il secondo partito o comunque il partito con cui la Cdu dovrà allearsi. C’è la possibilità che il secondo partito sia quello Socialdemocratico. In tal caso si formerebbe una grande coalizione, con i Liberali che a loro volta potrebbero giocare un ruolo di sponda. Ma non escludo neppure che ci sia la sorpresa del nuovo partito, Alternative fur Deutschland, che rimetterebbe tutto in discussione.



Una volta rieletta la Merkel potrebbe rinunciare all’austerity?

La Merkel non cambierà affatto la sua linea, in quanto quest’ultima non dipende da lei ma dalla classe politica che in modo diretto o indiretto la sostiene. Bisognerà però vedere se ci saranno degli spazi di aggiustamento nei confronti dell’Unione europea e della Bce, cioè in altri termini se le posizioni della Cancelliera diventeranno più elastiche.

Lei esclude quindi un cambiamento radicale della politica tedesca?

Un cambiamento radicale della politica tedesca avverrebbe solo se si verificassero due scenari: una nuova grande crisi economica di tipo greco, oppure il ritiro della Germania dall’euro. In questo momento ritengo che entrambi gli scenari siano improbabili, vedremo però come andrà a finire.



Nell’Europa degli ultimi anni la Germania ha svolto un ruolo forte. Continuerà a giocarlo anche dopo le elezioni?

Sì, perché si tratta di una posizione oggettiva. La Germania negli ultimi anni è diventata importante con un’accelerazione notevole, paradossalmente grazie alle regole europee che l’hanno facilitata. E’ questo che con una certa ipocrisia non è detto neppure dalla Cancelliera, che sembra così disponibile a lodare i suoi stessi elettori.

 

In che senso?

La Merkel ha ricordato più volte che i tedeschi sono più laboriosi, e in parte ciò è anche vero. Ma il salto di qualità del rafforzamento del potere economico è dovuto ai meccanismi di carattere monetario, che hanno oggettivamente ma legittimamente aiutato la Germania. Berlino in un certo senso non sbaglia a dire che le regole Ue non vanno cambiate.

 

Come valuta i rischi di un’egemonia tedesca sull’Europa?

Li escludo, in quanto non è vero che quella tedesca sia una classe politica ambiziosa che vuole egemonizzare e dominare il mondo, anzi è molto prudente. L’ipotesi più traumatica sarebbe casomai quella di ritirarsi dall’Europa, e non invece quella di volerla conquistare.

 

Dopo le elezioni la Germania volterà le spalle all’Europa?

Dipende. In teoria l’isolazionismo è più liberale e di destra, ma è trasversale e sono convinto che anche gli elettori socialdemocratici condividono questa linea. Al di là del suo stile molto abile, del suo pragmatismo e della sua capacità di farsi accettare, il punto di forza della Merkel è che interpreta esattamente i sentimenti dei tedeschi. Questi ultimi si trovano a godere di una situazione relativamente favorevole e non capiscono perché dovrebbero rinunciarvi cambiando le regole per aiutare gli altri paesi. I tedeschi tendono a fare prevalere un giudizio morale, secondo cui gli abitanti dell’Europa meridionale sarebbero delle “cicale” e dei “furbetti”. Ci sono stati ovviamente degli abusi, ma in realtà a decidere le sorti dell’economia europea è stato uno squilibrio di carattere generale.

 

(Pietro Vernizzi)