Quali sono le conseguenze, per l’ Italia e per l’ Europa,della grande vittoria dei democratici cristiani e della Merkel in Germania?
La vocazione europeista della Dc tedesca ha dovuto fare i conti, negli ultimi anni, con la profonda diffidenza antieuropea della pubblica opinione. La Merkel si è mossa con grande prudenza per evitare che questa diffidenza le facesse perdere voti e permettesse la formazione di una forza antieuropeista nel parlamento federale. Adesso gli antieuropeisti sono rimasti fuori del parlamento, anche se di un soffio. Fuori del parlamento sono rimasti anche gli alleati liberali, che pure hanno cercato di cavalcare le tendenze antieuropee. Di conseguenza l’ unica forma di governo possibile è una grande coalizione europeista con i socialisti. È possibile intravedere alcuni aspetti del programma della grande coalizione: l’Europa deve fare un passo avanti verso la Unione Politica, bisogna riprendere il programma di Lisbona 2000 che voleva fare dell’Europa la economia della conoscenza più grande del mondo, i paesi più indisciplinati devono essere richiamati alla necessità di fare riforme nel senso della economia sociale di mercato, in cambio bisogna dare loro un aiuto che renda praticabile il cammino delle riforme.
Quali riflessi può avere tutto questo per l’Italia?
Il primo effetto è intuitivo: la grande coalizione in Germania aiuta a meglio capire la necessità di un governo Letta in Italia e in teoria lo rafforza. Non esiste una via di destra ed una via di sinistra per uscire dalla crisi. C’è una unica via europea per la crescita e lo sviluppo. Il problema dell’ Italia è attrezzarsi al meglio per camminare insieme su quella via.
Il secondo effetto è che adesso davvero si volta pagina. Dopo il tempo della austerità viene il tempo della crescita e dello sviluppo. Il tempo della crescita ha però caratteri diversi da quelli che molti in Italia si aspettano. Nel tempo della crescita non torna la libertà di fare debiti e di aumentare la spesa. Se i vincoli si allentano è solo per la spesa per investimenti (materiali ed immateriali) e, più genericamente, per riforme che accrescono la nostra competitività di sistema.
Il terzo effetto è che bisogna mettere al centro della politica italiana il tema del deficit di competitività e del deficit di produttività di sistema: investimenti in ricerca e sviluppo, diminuzione degli oneri burocratici, ridefinizione del perimetro dello stato, semplificazioni e liberalizzazioni, diminuzione delle tasse ma solo come effetto di una diminuzione della spesa pubblica e di un miglioramento della lotta alla evasione fiscale.
Il quarto effetto è che dobbiamo fare nostra la cultura della economia sociale di mercato e specialmente la cultura della sussidiarietà. Non c’ è riduzione della spesa pubblica senza una riforma dello stato sociale che chiami ad una maggiore assunzione di responsabilità la società civile, il volontariato, il Terzo Settore, il sistema delle famiglie …riducendo gli apparati burocratici che oggi assorbono una parte importante della spesa teoricamente destinata alla solidarietà sociale.
Per l’Italia si apre una grande opportunità. Per coglierla però abbiamo bisogno di costruire un soggetto politico capace di sostenere questo programma. Questo soggetto non è il Popolo delle Libertà, che è del resto in liquidazione, e non è Forza Italia che nasce fin dal principio troppo concentrata sulle lotte per o contro Berlusconi. Naturalmente questo soggetto non è nemmeno Scelta Civica o l’Udc, troppo piccoli e anche loro forse troppo concentrati su se stessi. Questo soggetto può nascere però solo nell’ area che oggi occupano Forza Italia, Scelta Civica e l’Udc, attingendo ad energie che vengono dalla società, dal popolo cristiano e dai ceti medi oggi allo sbando e privi di rappresentanza politica. Si potrebbe cominciare alle prossime elezioni europee con una lista comune delle forze che aderiscono al Partito Popolare Europeo (e ne riconoscono programma e valori) e di quelle che farebbero bene ad aderirvi, con forti inserimenti dei mondi vitali che vogliamo rappresentare. Serve una forte tensione morale che la politica non si può dare da sola. Non il moralismo di un dovere impotente ma l’energia di una disponibilità gratuita al servizio per il bene comune.