La proposta di Papa Francesco di indire una giornata di preghiera e di digiuno per la Siria raccoglie consensi anche nel mondo musulmano. Il Gran muftì di Siria, Ahmad Badreddin Hassou, ha espresso il desiderio di essere presente in piazza San Pietro. Ma anche Ibrahim Shamseddine, intellettuale musulmano, presidente dell’Associazione per la carità e la cultura e tra i fondatori del Forum libanese per il dialogo, sottolinea di “condividere senza riserve l’iniziativa di Papa Francesco di indire una giornata di preghiera e di digiuno per la Siria”. Aggiungendo inoltre che “la Siria oltre che di preghiere ha bisogno di una medicina, e a somministrarla possono essere solo gli stessi siriani. La vera questione è che il mondo arabo deve smettere di essere sempre dipendente da un intervento esterno, e non mi sto riferendo soltanto alla Siria”.
Shamseddine, che cosa ne pensa dell’iniziativa di Papa Francesco per la Siria?
La ritengo un’iniziativa positiva. La pace per affermarsi ha sempre bisogno delle preghiere dei credenti. L’impegno degli uomini e degli stessi politici non è sufficiente per la pace, lo abbiamo visto nel corso dell’intera storia. La situazione in Siria è molto grave e pericolosa. Chi ha più bisogno della pace e della riconciliazione sono le persone oppresse, le stesse che subiscono le conseguenze dell’odio del mondo e che sono messe più in pericolo per l’utilizzo delle armi chimiche. Sono certo del fatto che il Papa Francesco ha in mente queste persone quando invita tutti a pregare per la Siria. Quando la pace prevale, a beneficiarne sono tutte le parti. E’ questo che vogliamo e ciò che si aspetta l’intera Siria.
Ritiene che alla giornata di preghiera debbano partecipare anche i musulmani e non soltanto i cristiani?
Sì. Sono un credente, vivo la fede e nutro una speranza forte e fondata. Nello stesso tempo sono convinto che per risolvere la situazione in Siria c’è bisogno non soltanto della preghiera, ma di una forte volontà di un cambiamento in meglio. L’imam Ali ibn Abi Taleb, vissuto nel settimo secolo e cugino di Maometto, una volta fu avvicinato da un beduino che gli chiese di pregare per il suo cammello malato. Ali rispose: “Pregherò per il cammello, ma aggiungi alle preghiere anche le medicine”. Sostengo quindi senza riserve l’iniziativa di Papa Francesco, e sono convinto che nel caso della Siria siano necessarie sia le preghiere sia le “medicine”.
Che cosa ne pensa dell’intervento militare contro Assad pianificato da Obama?
Ritengo che la questione sia in qualche modo mal posta. Il punto è che il mondo arabo deve smettere di attendere sempre e di essere dipendente da un intervento esterno. Preferisco sempre delle soluzioni che vengono dal nostro mondo e dall’interno del nostro sistema. Saddam e gli altri dittatori arabi sono rimasti al loro posto per decenni. Non commenterò quindi direttamente l’iniziativa del presidente Obama, ma mi limiterò a dire che preferisco che la crisi siriana sia risolta dagli stessi siriani. Il problema di noi arabi è che anche quando siamo convinti che sia necessario l’uso della forza, non siamo in grado di generarla con le nostre stesse energie.
In Siria giocano un ruolo importante anche Hezbollah, Iran e monarchie del Golfo. Considera anche queste come ingerenze esterne?
Quanto sta avvenendo è diventato un conflitto tra interessi contrapposti, sia regionali sia internazionali, che si scontrano sul territorio siriano. Ciò purtroppo sta facendo passare in secondo piano gli interessi della popolazione siriana. Tutto è iniziato come una rivoluzione interna, per chiedere un sistema politico migliore, più democrazia e più libertà, ma si è presto trasformata in una guerra di tutti contro tutti di cui i siriani sono le vittime. Disapprovo qualsiasi forma di intervento esterno, sia che venga dall’Iran, dalla Russia o da Hezbollah. Qui in Libano ho preso pubblicamente posizione contro la scelta di Hezbollah di sostenere Assad. Sono quindi del tutto contrario a qualsiasi intervento da parte di elementi sia libanesi sia occidentali. L’intera questione va lasciata nelle mani dei siriani.
(Pietro Vernizzi)