La Siria continua ad essere dilaniata dalla guerra civile. La sanguinosa guerra che sta infuriando tra le diverse fazioni dell’opposizione a Bashar al Assad miete vittime ogni giorno. Negli ultimi mesi l’Isis, lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, gruppo armato legato ad al Qaeda, ha conquistato il controllo del territorio a cavallo tra la Siria e l’Iraq, dal confine con la Turchia fino alle città (irachene) di Ramadi e Fallujah. Dall’altra parte della barricata continua l’offensiva dei ribelli delle brigate islamiche contro i miliziani qaedisti. Cosa sta succedendo tra Iraq e Siria? Abbiamo cercato di capirlo contattando Andrea Bernardi, giornalista freelance impegnato in questi territori.
Guerra civile in Siria: Isis contro ribelli. I qaedisti continuano con i massacri e, come scrive sul suo blog, i ribelli hanno perso il controllo delle frange estreme. Cosa sta succedendo?
I ribelli hanno perso il controllo della situazione da mesi, e non certamente una settimana fa, quando si è aperto un nuovo fronte che li vede combattere contro l’Isis. I leader dei ribelli che oggi combattono contro l’Isis sono gli stessi che facevano finta di non vedere i crimini che venivano commessi. Soprattutto nell’ultima estate. E sono sempre gli stessi che hanno permesso a gruppi come Isis, Jaish al-Muhajireen wal-Ansar, eccetera di formarsi e lavorare “in proprio”, con una propria agenda che era evidente a tutti non fosse solo quella di combattere il regime di Bashar al-Assad.
Cosa aspettarsi ancora?
Bisognerà vedere nelle prossime settimane, ma più probabilmente mesi, se questa è una resa dei conti per le atrocità che l’Isis ha commesso o una resa dei conti per il potere interno e controllo del territorio. Del resto, il leader del Fronte islamico, il principale gruppo che oggi combatte contro l’Isis in Siria, ha apertamente detto che i combattenti stranieri (oggi per la maggior parte riuniti sotto la bandiera di al-Qaeda), sono benvenuti in Siria e quelli che già ci sono possono rimanere se abbandonano l’idea di formare uno Stato parallelo e il loro unico obiettivo è la caduta del regime di Bashar al-Assad.
A proposito, in tutto questo Bashar al-Assad cosa c’entra?
È un presidente-dittatore che si è macchiato di crimini contro l’umanità. Non ha nessuna legittimità di restare in carica. Fino ad un anno fa gli analisti dicevano che un collasso del regime di Assad avrebbe fatto sprofondare la Siria in una lunga guerra civile. Oggi la Siria è sprofondata in una guerra civile senza che il regime si sgretolasse, anche se ha perso pezzi. Con tutte le forze in campo è difficile fare previsioni sul futuro.
Tornando agli scontri…
Molti dei combattenti stranieri che sono in Siria sono gli stessi che hanno commesso massacri e atrocità contro gli stessi siriani (e non). Ad ogni modo non credo, vista la forte ideologia che li spinge a combattere una Jihad globale, che molti membri dell’Isis si uniranno a gruppi “leggermente” più moderati. Moderati tra i ribelli siriani, o per lo meno tra i gruppi ribelli di principale importanza ce ne sono pochi. Sono militanti del Fronte islamico, che oggi raccoglie quelli che erano i reggimenti Liwan al-Tawid, Ahrar al-Sham’s e altri gruppi minori, i quali una settimana fa hanno postato un video su internet dove due uomini vengono frustati ad Aleppo, davanti ad un pubblico di civili, per non aver rispettato la preghiera del venerdì. Ovviamente diventano moderati se paragonati con l’Isis ma non possono certamente rappresentare quella “rivoluzione” che la maggior parte degli attivisti vuole farci credere sia in atto in Siria. L’Esercito Libero Siriano è praticamente scomparso e rimane operativo soltanto a Darkush (Provincia di Idlib) e qualche piccola brigata sparsa per varie città. Ovviamente l’influenza è pari allo zero e lentamente vanno tutti a confluire nel Fronte islamico. Poi…
Prego.
Molti continuano a paragonare la situazione all’Iraq, ma personalmente credo che quello che succede oggi in Siria sia più simile a quello che è successo in Afghanistan nel 1989, quando i Sovietici hanno lasciato il Paese. I militanti dell’Isis, come i talebani nel 1992 in Afghanistan, si sono presentati alla popolazione siriana imponendosi come i difensori dell’islam e contro la corruzione e la disunità dei ribelli, che nei mesi hanno iniziato a generare diversi “signori della guerra”. Credo che i ribelli riusciranno a fermare l’Isis nel Nord e Nord-Est della Siria, dove tra l’altro il PYG, affiliato siriano del Pkk, ha spinto al-Qaeda nella periferia delle maggiori città dal confine con l’Iraq a Ras al-Ain; ma l’Isis troverà la sua roccaforte sulle montagne turkmene e curde nella Provincia di Latakia a Nord-Ovest. Qui potranno dar vita al loro fantomatico califfato. Del resto sulle montagne curde e turkmene la popolazione è fuggita da un anno e mezzo e le poche brigate che combattono li non sono in grado di contrastarli come è successo ad Aleppo, Idlib e Raqqa. Quindi alla fine si creerà una area sotto il controllo dei ribelli, dal confine irakeno a Idlib e una area sotto l’influenza di al-Qaeda. Ovviamente a breve, anche se ne hanno già data dimostrazione nei giorni scorsi, comincerà la campagna di auto bombe contro i check point dell’Esl e altre formazioni rivali.
E che aria si respira per le strade?
È difficile dire quale sia il reale clima per le strade delle città siriane in quanto nessun giornalista entra più in Siria. I ribelli hanno iniziato ad ammazzarsi tra loro per strada all’inizio del 2013. Questa è stata una delle ragioni che ha permesso a gruppi estremisti di emergere come i difensori dei diritti di tutti. Quando le linee del fronte ad Aleppo si sono stabilizzate, nel Novembre del 2012, i ribelli si facevano la guerra per il contrabbando di armi e munizioni. Abdallah Yassin è stato il primo attivista ad essere ucciso a sangue freddo per futili motivi. Purtroppo molti attivisti non hanno avuto il coraggio di muovere un dito, nonostante la guerra al regime fosse passata in secondo piano. Hanno realizzato che la situazione era cambiata, o per lo meno hanno avuto il coraggio di ammetterlo, solo quando qualche mese fa sono dovuti fuggire in Turchia per non essere arrestati dall’Isis con l’accusa di essere spie. E questo soltanto perché avevano una videocamera o due cellulari. Fino ad un paio di settimane fa il clima tra i siriani che vivono nelle città di confine turche era di scoraggiamento. Molti attivisti che sono scesi in piazza fin dai primi giorni di proteste si sentono traditi. L’Esercito Libero Siriano è praticamente scomparso dai principali fronti e sostituito dal Fronte islamico. Da una settimana, quando si è aperto il nuovo fronte contro l’Isis l’entusiasmo tra gli attivisti è tornato alto. Qualcuno l’ha chiamata una seconda rivoluzione.
Non è così?
Parlare di rivoluzione mi sembra abbastanza ridicolo. Credo sia solamente una fase della lunga guerra civile che sfortunatamente andrà avanti ancora per molto tempo. Quando si parla di opposizione moderata bisognerebbe sapere cosa si intende per “moderata”. Al momento qualsiasi gruppo in Siria è più moderato dell’Isis. Se però si vanno a vedere i valori per i quali la gente è scesa in strada tre anni fa ci si accorge che di moderato e “rivoluzione per tutti e tutte le minoranze del Paese” non è rimasto niente.
Il 15enne ucciso ad Aleppo (con nessuno che ha mosso un dito) è un episodio isolato?
L’episodio del 15enne ucciso ad Aleppo non è un episodio isolato ed è solo una fotografia della brutalità di quello che succede in Siria. Quando i combattenti dell’Isis lo hanno giustiziato per aver inneggiato a Dio durante una lite per strada con un coetaneo tutti sembravano inorriditi. L’Opposizione a Istanbul, che non ha nessun potere sui gruppi armati all’interno, ha chiesto giustizia, ma nessuno tra le file dei ribelli ha avuto il coraggio di intervenire. Perché intervenire significava andare contro l’Isis. Ma questo episodio è solo uno dei tanti che rimarranno impuniti.
Un altro caso recente?
Abu Baseer, uno dei pochi leader dell’Esercito Siriano Libero che credeva in un Paese migliore, è stato giustiziato a sangue freddo dall’Emiro di al-Qaeda nella Provincia di Latakia, Abu Ayman al-Iraqi. Aveva firmato una carta con i cristiani di un villaggio locale per proteggerli da eventuali attacchi. Lo hanno accusato di essere una spia dell’occidente. Tutti i leader ribelli erano inorriditi quando è successo e gridavano vendetta. Ma poi hanno avuto paura. Le decine di esecuzioni di civili a Raqqa e Idlib sono e rimarranno impunite per gli stessi motivi. Per questo c’è da chiedersi quali siano le vere ragioni della guerra interna: giustizia o solo potere? Perché si è dovuto aspettare così tanto prima di intervenire?
Il tutto con la minoranza cristiana che si ritrova schiacciata, vittima di soprusi e saccheggi. E le esecuzioni…
Personalmente non ho seguito storie particolari sui cristiani in Siria tranne qualche intervista più di un anno fa, quindi mi viene difficile parlare della situazione dei cristiani. Anche perché i cristiani che vivevano al Nord sono per la maggior parte scappati verso Latakia città, Tartus, Damasco o il Kurdistan Siriano a Nord-Est. Sicuramente sarà una convivenza molto difficile quella tra islamisti e cristiani.
Ha choccato il video del bambino di 10 anni liberato dalla prigione dell’Isis a Raqqa. Visibilmente provato con gli occhi persi nel vuoto…
Purtroppo nei racconti che vengono fuori dagli attivisti rilasciati in questi giorni dalle prigioni dell’Isis non sarà l’unico. Mesi fa un rapporto di Amnesty International denunciava la detenzione da parte dell’Isis di centinaia di minorenni. È difficile spiegare la brutalità di questi arresti sommari per motivi religiosi. Oggi i siriani che commentano il video del ragazzino di 10 anni si domandano come sia possibile, cosa possa aver fatto un bambino di 10 anni di così sbagliato da finire in quelle condizioni. Sono domande che rimarranno senza risposta. Perché alla fine, nonostante tutto, è difficile trovare qualcuno di importante nelle file dei ribelli che fa autocritica per essersi fatto sfuggire la situazione a favore dell’Isis. In Siria, ma anche all’estero e in Italia, molti preferiscono continuare a pensare a fantomatici complotti internazionali della Cia e del Mossad.
E in Iraq?
La situazione in Iraq è il segno del fallimento dell’Occidente, niente di più e niente di meno. E’ l’anticipazione di quello che potrebbe succedere in Afghanistan quando gli americani avranno completato il ritiro a fine settembre.
La caduta di Fallujah e Ramadi nelle mani di al-Qaeda dimostrano le bugie dei politici che dopo 10 anni di occupazione ci avevano detto che il nuovo esercito iracheno era finalmente in grado (dopo aver speso milioni di dollari per addestrarli) di proteggere il loro Paese. Bugie che oggi vengono a galla. Al-Qaeda, come i Talebani, dovevano essere decimati e non dovevano avere più posto in Iraq o Afghanistan. Oggi in Afghanistan si cerca di trattare con i Talebani e in Iraq al-Qaeda è più forte che mai, anche se l’Occidente continua a raccontarsi la storiella che la causa delle auto bombe è la disperazione. Quando in realtà la Siria ha dimostrato che sono molto attivi e soprattutto hanno molte risorse e combattenti pronti a unirsi a loro (dall’Europa in particolare).
E poi c’è la corruzione…
La corruzione che esiste tra i soldati e i politici iracheni non facilitano certamente la costruzione di un esercito in grado di proteggere il Paese, soprattutto quando le tribù sunnite vedono i militari di Baghdad come nemici e non come una protezione e una sicurezza. L’Afghanistan farà la stessa triste fine se non ci sarà una rapida svolta (che obiettivamente sembra impossibile). L’esercito afghano è composto per oltre il 90 per cento da soldati non-Pashtun. Chiamarlo esercito dell’Alleanza del Nord, o ex mujaheddin di Massud sarebbe più corretto.
(Fabio Franchini)