“Un invito all’Iran a partecipare a Ginevra 2 fatto a sole 48 ore dall’inizio della conferenza rappresenta nel migliore dei casi un errore. Ma può essere anche letto come un tentativo di spingere l’opposizione siriana a ritirarsi per giustificare un ennesimo rinvio dei colloqui di pace”. E’ l’analisi di Camille Eid, giornalista di Avvenire e professore dell’Università Cattolica di Milano. Il segretario dell’Onu, Ban Ki-moon, ha rivolto a Teheran l’invito a partecipare alla conferenza di pace sulla Siria. L’Iran ha prontamente accettato, ma la Coalizione nazionale siriana delle forze d’opposizione e della rivoluzione (Etilaf) ha protestato e ha annunciato che non prenderà parte agli incontri se Ban Ki-moon non ritornerà sui suoi passi.
Qual è il significato dell’invito rivolto da Ban Ki-moon a Teheran?
Il punto è stato oggetto di un lungo dibattito tra Stati Uniti e Russia. Mosca sostiene l’utilità della presenza dell’Iran, mentre per Washington va escluso. Tehran è una parte coinvolta mani e piedi nel dramma siriano, attraverso una partecipazione attiva a livello sia politico sia militare. Il vero problema sta nel timing di questo invito. Se Ban Ki-moon continua a rivolgere degli inviti a due giorni dall’inizio dei negoziati, le conseguenze possono essere preoccupanti. Prima l’Onu ha atteso che l’opposizione siriana confermasse la sua partecipazione, e solo in un secondo momento ha deciso di estendere l’invito a Tehran. Per convincere i ribelli siriani era stata esercitata una forte pressione, provocando scissioni interne e il ritiro di alcuni membri. Ora ci troviamo punto a capo perché il pallino dell’Iran rischia di fare saltare tutto.
Perché l’opposizione siriana non accetta di parlare con l’Iran?
Il punto è che il ministro degli Esteri iraniano, Mohammad Javad Zarif, ha assicurato che in ogni caso non ostacolerà la conferenza di pace. Per l’opposizione siriana un ritiro dell’Iran da un coinvolgimento militare nel conflitto deve essere la condizione sine qua non per permettergli di partecipare a Ginevra 2. Questa non è però una posizione realistica, perché a quel punto anche il regime siriano potrebbe chiedere come pre-condizione il ritiro di tutti i mercenari stranieri. La condizione posta dalla Coalizione d’opposizione non è dunque valida, anche se rimane valida la sua posizione in quanto l’Iran ha sostenuto Assad con tutte le sue forze, al punto che gli ispettori iraniani stanno gestendo le battaglie sui diversi fronti della Siria.
Quali sono le vere aspettative nei confronti di Ginevra 2?
L’obiettivo di Ginevra 2 è quello di creare un potere transitorio senza Assad per condurre il Paese fino alla prossima scadenza delle elezioni presidenziali. Si vuole cioè formare un organismo composto da lealisti e ribelli che possa essere accettato da tutti. La presidenza sarebbe affidata a un alawita, per tranquillizzare le minoranze religiose, scegliendola però tra quanti non si sono macchiati di fatti di sangue.
L’Iran accetterà la creazione di un governo di transizione per sostituire Assad?
Ban Ki Moon ha detto in conferenza stampa di avere avuto il sentore che gli iraniani accetteranno. Se ha fatto questa affermazione, significa che Tehran è disposto ad abbandonare Assad al suo destino.
Quanto conta questa apertura?
L’invito all’Iran andava fatto diverso tempo fa, farlo ora ha solo rimescolato le carte. Già le difficoltà da affrontare in vista dei colloqui sono molteplici, aggiungere un Paese in più all’ultimo minuto crea soltanto problemi. A meno che ci fosse la volontà di fare ricadere la colpa di un nuovo rinvio della conferenza sull’opposizione, per un suo rifiuto di partecipare, e ora si è voluto creare un nuovo pretesto perché ciò avvenga.
Lei che cosa si aspetta invece dai colloqui in corso sulla non proliferazione nucleare dell’Iran?
La trattativa continua tra alti e bassi. Il discorso politico del presidente Rouhani e del ministro degli Esteri Zarif un giorno sembra andare nella direzione di un ammorbidimento rispetto all’era Ahmadinejad, e il giorno dopo ritrattano tutto quanto. Sono comunque convinto che si stia andando verso un chiarimento, anche perché l’intreccio tra dossier nucleare e Siria amplia i margini della trattativa. E’ possibile che l’Iran voglia giocare la carta siriana per ottenere dei vantaggi sul dossier nucleare, oppure rinunciare al nucleare per ottenere un maggiore peso in Siria.
(Pietro Vernizzi)