Nei giorni scorsi i principali media mondiali hanno pubblicato 55mila immagini di corpi torturati di prigionieri del regime di Assad, scattate da un fotografo militare per ordine dei suoi superiori. Il rapporto è stato curato da uno studio legale di Londra su incarico del Qatar, un Paese che sostiene militarmente i ribelli siriani. L’inviato dell’Independent, Robert Fisk, ha sollevato diverse perplessità sul rapporto, domandandosi perché il Qatar lo diffonda proprio ora, mentre la conferenza di pace di Ginevra 2 è alle battute iniziali. L’obiettivo, è la tesi di Fisk, sarebbe quello di distruggere qualsiasi chance che la famiglia di Assad giochi un ruolo nel futuro della Siria. Giungendo a paragonare la mossa del Qatar con la scelta della Germania nazista di svelare il massacro di Katyn del 1940, nel corso del quale l’esercito russo uccise con un colpo di rivoltella alla tempia 22mila ufficiali polacchi. Ilsussidiario.net ha intervistato Marcello Foa, esperto di comunicazione ed ex inviato e caporedattore esteri de il Giornale.
Che cosa ne pensa del paragone tra la strategia del Qatar e quella dei Nazisti?
Il paragone forse è un po’ esagerato. Ciò che è legittimo è il fatto di vedere dietro a queste immagini, così come ad altre uscite recentemente, dei tentativi di propaganda piuttosto sofisticati. L’atto d’accusa nei confronti del regime siriano è durissimo e scioccante, le immagini parlano da sole. E’ la prima volta che emergono immagini così sulla guerra in Siria No, nei giorni scorsi per esempio sono uscite altre rivelazioni con immagini di soldati siriano decapitati e fucilati, nonché il rapporto del Mit che dimostra come a usare le armi chimiche siano stati non i governativi bensì i ribelli. Le guerre nella nostra epoca si combattono ancor più che in passato con l’uso dei media. L’obiettivo è simboleggiare l’orrore del regime e dunque la forza dell’opposizione con le immagini dei filmati e delle notizie propagate quasi sempre ad arte.
Quale interesse può avere il Qatar a creare delle divisioni in vista dei colloqui?
I ribelli siriani sono sostenuti da ambienti, forze e interessi riconducibili a diversi schieramenti, tra cui Usa, Qatar, Arabia Saudita, Emirati Arabi, le potenze fondamentaliste sunnite e paradossalmente anche gli israeliani. I ribelli sono in realtà dei gruppi di guerriglia organizzata, spesso mercenari o gruppi sparsi dell’ex Al Qaeda. Le immagini diffuse dal Qatar sono un supporto di propaganda per indebolire ancora di più il governo siriano. Diffondendo queste immagini il Qatar ha quindi certamente un interesse politico.
Lei che cosa ne pensa delle obiezioni sollevate da Robert Fisk?
Condivido l’interrogativo sul perché queste immagini siano state pubblicate proprio ora. E’ inoltre possibile che queste foto risalgano ad un’altra epoca e siano state collegate arbitrariamente al conflitto in corso in Siria. Non dimentichiamo che è capitato spesso che di scoprire che filmati di guerra spacciati come attuali, al vaglio di storici attenti, si siano rivelati come risalenti a molti anni prima. Queste foto, in quanto diffuse dal Qatar, non provengono quindi da una fonte neutrale. Il fatto che non si capisca fino a che punto l’obiettivo sia quello di informare o di fare propaganda, pone un punto interrogativo molto forte che dovrebbe indurre quantomeno a una certa cautela.
Le immagini sono ritenute la prova in assoluto più obiettiva. Perché invece si prestano a così tante strumentalizzazioni?
Le immagini non sono affatto obiettive. Hanno un impatto fenomenale perché parlano alla stessa maniera alle persone di qualunque etnia, censo e formazione. Per questo si dice che le immagini sono per loro natura oggettive, anche se in realtà possono essere usate in modo strumentale. Se un giornalista è testimone diretto ed è sicuro che chi gira le immagini è una fonte inappuntabile, le può prendere come una testimonianza oggettiva. Troppo spesso però i giornalisti cadono nell’errore di prendere per buone immagini delle quali ignorano le vere fonti. Proprio per il loro potere di convincimento molto forte, gli spin-doctor più abili le usano facendole passare come testimonianze in apparenza oggettive e neutrali, mentre nella realtà sono montate o contestualizzate in modo arbitrario.
(Pietro Vernizzi)