No di Damasco al corridoio umanitario per la città di Homs. Dopo il primo parziale successo ottenuto dall’inviato speciale dell’Onu, Lakhdar Ibrahimi – la concessione, da parte del governo siriano, di un corridoio umanitario per recare soccorso alla città assediata di Homs, prostrata dalla fame, dietro la contropartita di un elenco dei prigionieri nelle mani dei ribelli – il terzo giorno dei colloqui diretti ha registrato un fallimento. Il no dei rappresentanti di Damasco al sostegno umanitario è arrivato quando è risultato chiaro che la prosecuzione delle trattative era legata alle dimissioni di Assad e alla formazione di un governo di transizione. Oggi Ibrahimi tornerà ad incontrare le parti separatamente. Nonostante il fallimento, monsignor William Shomali, vescovo ausiliare di Gerusalemme, spera ancora almeno in un cessate il fuoco, per dare un minimo di tregua alle popolazioni in ginocchio. “È urgente ora far tacere le armi, pensare a una forza di pace esterna per separare i belligeranti, far passare gli aiuti umanitari” dice il vescovo a ilsussidiario.net.



Monsignore, quali sono le sue aspettative sui colloqui in corso a Ginevra?

Anche se le aspettative non sono promettenti, tuttavia essi sono l’unico modo possibile per raggiungere una eventuale pace, perché coinvolgono non solo le parti direttamente in causa, ma anche le nazioni che hanno il potere di decidere, come gli Stati Uniti, l’Europa e i Paesi arabi impegnati nel conflitto. Ginevra 2 è l’unico spiraglio per uscire da questo dramma che durato ormai da troppo tempo.



In virtù di che cosa è possibile trovare un accordo in grado di garantire la pace e il futuro in Siria?

Quello che rende possibile un accordo è il fatto che nessuno delle due parti che si affrontano è riuscito finora a sconfiggere l’altro con la violenza. Il conflitto sembra quindi destinato a durare ancora a lungo, causando sempre più vittime. Infatti, non essendo riuscito il governo a sconfiggere l’opposizione, né l’opposizione a far cadere il governo, ambedue sono obbligati a incontrarsi per arrivare a un accordo che possa salvare la Siria. C’e anche la pressione della comunità internazionale che è preoccupata delle conseguenze di questo dramma.



Quali sono secondo lei i punti critici più difficili da superare?

Ne vedo tre: il primo è che Assad non accetta di lasciare, anzi pensa a una nuova candidatura, mentre gli americani pongono come precondizione il suo ritiro. Il ministro siriano degli Esteri si ritirerebbe dai colloqui se questa divenisse la finalità di Ginevra 2. Il secondo ostacolo è che i partiti d’opposizione non sono veramente uniti. Le divisioni interne rendono difficile un cessate il fuoco e, anche se fosse deciso, sarebbe poi difficile controllarlo. Infine, le nazioni che sostengono le due parti nel conflitto sono anche loro divise ed è quindi ancor più difficile arrivare a un accordo che abbia l’approvazione di tutti.  

C’è il rischio che, anziché dare voce ai siriani, Ginevra 2 dia voce alle grandi potenze straniere, occidentali e arabe? 

E’ vero che le grandi potenze straniere vogliono imporre una loro soluzione, ma hanno interessi diversi. D’altronde, i siriani non riusciranno ad arrivare da soli a un accordo e avranno bisogno di una mediazione esterna. In positivo, bisogna ricordare che dietro Ginevra 2 c’è un politico arabo con una grande esperienza in materia di mediazioni: Al Akhdar El Ibrahimi. La sua personalità “conciliatrice” è una risorsa importante nel ridurre le divergenze. Se le grandi potenze troveranno un accordo su un piano di pace, la pace arriverà. E’ urgente ora far tacere le armi, pensare a una forza di pace esterna per separare i belligeranti, far passare gli aiuti umanitari.

 

Quali passi devono essere intrapresi per garantire la difesa delle minoranze religiose in Siria?

Il primo passo dovrebbe essere una Costituzione che stabilisca che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. L’Egitto, che è riuscito recentemente a votare una costituzione democratica, è stato e sarà un modello per tutti.

 

Com’è la situazione dei cristiani in Siria, sia nelle aree controllate da Jabat Al-Nusra sia in quelle sotto il controllo del regime?

In tutte le zone del Paese i cristiani soffrono come gli altri siriani: per l’insicurezza, le distruzioni e la povertà. Tuttavia, le fazioni salafite e jihadiste hanno certamente combinato molti guai, causando danni alle chiese e alle località cristiane. Perciò, è giusto ribadire che fra i due mali, l’esercito siriano è stato più tollerante verso le minoranze.

 

Dall’inizio della rivoluzione è in corso un esodo dei cristiani siriani. Quali sono le sue speranze per il futuro dei cristiani in Siria?

Ci sono eventi storici irreversibili nel Medio oriente, come il genocidio contro gli Armeni in Turchia, l’emigrazione dei Caldei dall’Iraq, dei maroniti dal Libano e di una parte della comunità cristiana dalla Terra Santa. Sono eventi irreversibili perché è poi difficile far ritornare gli emigrati. La comunità cristiana della Siria e stata irrimediabilmente ferita. Fra i drammi degli ultimi due secoli, la storia si ricorderà delle sofferenze del popolo siriano e si ricorderà anche di quelli che ne sono stati la causa. Ora, però, bisogna salvare il salvabile.

 

(Pietro Vernizzi e Dario Chiesa)