“I risultati di Ginevra 2 finora sono stati molto deludenti. L’Occidente avrebbe dovuto dare un sostegno politico molto più deciso all’opposizione laica, mentre l’azione di Iran e Russia per appoggiare Assad finora è stata molto più efficace”. Ne è convinto Gianni De Michelis, ex ministro degli Esteri, commentando i negoziati in corso ai colloqui di pace di Ginevra 2. Lo stesso mediatore Onu, Lakhdar Brahimi, ha annunciato che non sono stati fatti significativi passi avanti nel tentativo di sgomberare i civili dalle parti assediate della città di Homs. Il governo si offerto di consentire a donne e bambini di abbandonare le aree sotto il controllo dell’opposizione, e di garantire un passaggio sicuro agli uomini dei cui nomi sia stata fornita una lista. Ma l’opposizione ha rifiutato la proposta definendola un tentativo di arrestare i suoi sostenitori. I diplomatici occidentali hanno detto che se gli aiuti non saranno consentiti a partire dalla prossima settimana, presenteranno una risoluzione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per mettere pressione al governo di Damasco e alla Russia, suo principale alleato. Circa 2.500 persone sono intrappolate nella Vecchia Homs dal giugno 2012, senza accesso a cibo e a medicine.



De Michelis, che cosa ne pensa di quanto è emerso finora nel corso dei colloqui di Ginevra 2?

I risultati di Ginevra 2 mi sembrano molto deludenti. Si sarebbe dovuto fare di più, c’erano le premesse perché vi si riuscisse ma l’atteggiamento dei Paesi soprattutto occidentali non è stato all’altezza della situazione. Iran e Russia sono stati molto più efficaci nel sostenere Assad rispetto ai Paesi che erano idealmente a favore dell’opposizione.



Il fatto che i ribelli siano divisi non rende più difficile il compito dell’Occidente?

Indubbiamente, ma dall’inizio della Primavera siriana ci si sarebbe potuto attendere molto di più da Usa ed Europa. Gli stessi Paesi che si sono impegnati a fianco dei ribelli come l’Arabia Saudita e la Turchia non sono riusciti a fare abbastanza.

Qual è in questo momento la strategia di Assad?

Assad si rifiuta di accettare le condizioni che gli sono state poste, e in particolare la richiesta di non presentarsi alle prossime elezioni. Il numero uno siriano ha sempre detto che il 2014 sarebbe stato l’anno delle presidenziali e che si sarebbe presentato. E’ difficile del resto immaginarsi un voto in Siria senza Assad.



Assad sta cercando di dividere il fronte ribelle?

Ovviamente, anche perché l’opposizione è divisa almeno in tre: i cosiddetti “ribelli dell’interno” in qualche modo disponibili a trattare con Assad; gli esuli laici e moderati; gli islamisti che rappresentano Al Qaeda o le fazioni vicine al gruppo terrorista.

 

Come dovrebbe muoversi l’Occidente?

L’unico sostegno possibile all’opposizione è quello di tipo diplomatico. La via militare non è invece destinata ad avere un successo, perché la situazione siriana è molto diversa per esempio da quella tunisina, libica o egiziana. Come Iraq e Libano, anche la Siria è divisa in comunità che non si fidano l’una delle altre. Ad appoggiare Assad non c’è solo il partito Baath, ma anche milioni di cristiani e alawiti, mentre curdi e sunniti accentuano l’esigenza di assaporare la libertà. Lo sbocco militare porterebbe dunque soltanto a una guerra civile ancora peggiore di quella che è già in corso.

 

(Pietro Vernizzi)