“La rivolta in Ucraina è un simbolo di speranza anche per la Russia. Più ancora delle divisioni nazionali, a contare è il fatto che i due Paesi sono accomunati dalla mancanza di democrazia. Il nuovo vento di Kiev è una boccata d’ossigeno anche per Mosca”. Sono le riflessioni di Olga Sedakova, una delle più importanti poetesse russe viventi, sull’ondata delle manifestazioni di piazza Maidan contro il presidente Viktor Yanukovych. La situazione a Kiev continua ad aggravarsi, tanto che Leonid Kravchuk, presidente dal 1991 al 1994, ha invitato il Parlamento ad “agire con la massima responsabilità” in vista del dibattito sull’amnistia nei confronti di quanti sono stati arrestati durante le proteste. Durante il suo discorso al Parlamento, Kravchuk ha sottolineato che “l’Ucraina è sull’orlo della guerra civile. E’ una rivoluzione, una situazione drammatica nella quale dobbiamo agire con la più grande responsabilità”.



Signora Sedakova, qual è la sua lettura degli eventi di piazza Maidan di questi giorni?

I miei amici ucraini sono tutti dalla parte delle proteste contro Yanukovic. Scrittori, artisti e intellettuali stanno manifestando contro il sistema criminale al potere a Kiev. Il presidente e il gruppo dirigente attorno a lui ai loro occhi non sono legittimi.



Lei condivide le convinzioni dei suoi amici?

Sì. Il cambiamento della situazione politica in Ucraina sarebbe una speranza anche per la Russia, i cui cittadini desiderano innanzitutto essere liberi e vivere in uno Stato di diritto. A non piacermi è invece l’aspetto nazionalistico della protesta, che esiste ma rappresenta una parte marginale.

Per quali ragioni la rivolta ucraina è importante anche per la Russia?

Perché rappresenta un modello in grado di mostrare a tutti che anche la società può essere forte e cambiare la vita delle persone, senza attendere che sia tutto deciso dall’alto. Qual è il vero significato di questa protesta? Il vero significato di questa protesta è di tipo etico, come in occasione della Rivoluzione bianca avvenuta nel 2011 a Mosca. Ciò che chiediamo è maggiore chiarezza e trasparenza.



Perché gli ucraini preferiscono l’Europa alla Russia?

Perché l’Europa è il futuro, non in quanto entità concreta e reale ma come simbolo di uno Stato democratico. Né l’Ucraina né la Russia sono Stati democratici, in quanto il potere è separato dalla maggioranza del popolo, che non può influenzare in alcun modo le decisioni del governo. Si tengono le elezioni ma per ucraini e russi non esiste alcuna alternativa a Yanukovic e a Putin. Manca una politica aperta. Gli esponenti dell’opposizione possono candidarsi, ma poi non possono farsi conoscere agli elettori in quanto tanto in Ucraina quanto in Russia tutte le televisioni sono occupate dalla posizione ufficiale.

 

Quale grado di autonomia ha l’Ucraina rispetto alla Russia?

Formalmente l’Ucraina è indipendente, ma nella sostanza non è così. I legami economici e in particolare gas e petrolio impediscono una reale autonomia. Rispetto ai tempi dell’Unione Sovietica c’è stato un cambiamento, ma purtroppo non è avvenuto fino in fondo. L’Unione Europea da questo punto di vista rappresenterebbe una sicurezza, perché consentirebbe all’Ucraina di non restare isolata e nell’orbita di uno Stato potente come la Russia.

 

C’è il rischio che la protesta in Ucraina finisca come la Rivoluzione ungherese del 1956 e la Primavera di Praga del 1968?

Sì, è possibile. Non posso predire come andrà a finire e non sono sicura che finisca bene, anche se ho una grande speranza in una soluzione positiva.

 

La protesta in Ucraina ha anche un significato culturale?

Sì. In Russia abbiamo un’atmosfera culturale molto deprimente per gli intellettuali, e la rivolta in Ucraina è come il vento della speranza. Quando un compositore scrive una musica, o quando un filosofo elabora un sistema di pensiero, se percepisce che c’è un futuro anche la sua attività ne è influenzata. E’ questo sentimento a mancare tanto all’Ucraina quanto alla Russia, e la rivolta di Kiev può mettere fine una volta per tutte alla paura di dire tutto direttamente.

 

(Pietro Vernizzi)

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