Due fatti, di segno opposto, avvenuti negli ultimi giorni hanno riacceso i riflettori sui conflitti del mondo islamico. Uno riguarderebbe la sorte di padre Paolo Dall’Oglio, il gesuita rapito nel luglio scorso nella città di Raqqa, per la cui liberazione sarebbero in corso trattative molto delicate tra ribelli siriani e jiahdisti dello “Stato islamico dell’Iraq e del Levante”. L’altro riguarda l’inasprimento dello scontro, in Iraq, fra esercito e al Qaeda per la conquista di città importanti come Fallujah e Ramadi che finora ha causato centinaia di vittime fra civili e combattenti. Con Usa e Iran che, insieme, danno man forte al premier al Maliki nella lotta contro i terroristi islamici. Per il giornalista Luigi Geninazzi, esperto di vicende mediorientali, questi fatti dicono che lo scontro fra le formazioni sunnite, soprattutto quelle più estremiste legate ad al Qaeda, “come l’Isis che pare tenga prigioniero padre Dall’Oglio”, e quelle meno integraliste, come l’Esercito libero siriano, è diretto.
Come vanno lette le indiscrezioni su un’imminente liberazione di padre dall’Oglio e i violenti scontri degli ultimi giorni in Iraq tra esercito e al Qaeda?
Questi due fatti ci fanno capire una cosa. Una cosa già nota, che ormai sta diventando drammaticamente evidente.
A cosa si riferisce?
Allo scontro in atto fra le formazioni sunnite, soprattutto quelle più estremiste legate ad al Qaeda, come l’Isis che pare tenga prigioniero padre Dall’Oglio e quelle, come l’Esercito libero siriano, che hanno un’impronta più filo occidentale e certamente meno integralista. Queste due anime ormai sono allo scontro.
Sono attendibili, secondo lei, le ultime notizie su padre Dall’Oglio?
Bisogna capire innanzitutto da chi esce l’indiscrezione. I famigerati qaedisti dello Stato dell’Iraq hanno liberato Quirico e Piccinini che tenevano in ostaggio e proprio due giorni fa hanno scarcerato un giornalista turco detenuto da due mesi. Tuttavia nelle loro mani ci sono ancora decine di prigionieri. È difficile dire se le trattative per padre Dall’Oglio sono a buon punto. Vorrei aggiungere che lo scontro interno di cui parlo non riguarda più solo la Siria, ma anche il Libano, l’Iraq, un po’ tutto il mondo arabo.
Cosa pensa dell’alleanza inedita che si è creata tra Usa e Iran a sostegno del premier iracheno al Maliki nella lotta ad al Qaeda?
Le carte si stanno rimescolando a livello globale. Partirei da un dato di fatto. Premesso che è veramente poco quello che sappiamo di quanto sta accedendo sul terreno in Siria, va rilevato che è in atto una vera e propria guerra civile all’interno dell’islam, fra l’islam sunnita e quello sciita, per dirla in modo molto semplificato. L’avversità è secolare, ma non è mai diventata una guerra aperta.
Cos’era prima di oggi?
Era piuttosto un contenzioso a livello di stati. C’era l’Iran khomeinista, che ha soffiato sul fuoco quando l’occidente ha attaccato l’Iraq di Saddam Hussein e adesso ha le mani lunghe sull’Iraq. C’era l’Arabia Saudita, a cui si è aggiunto il Qatar, che sono i capisaldi del fronte sunnita. Questi stati non si fanno la guerra direttamente, la fanno per interposte formazioni; in Siria, ma anche in Libano e in Iraq. La presa di Fallujah da parte delle brigate di al Qaeda, che si oppongono al governo del premier sciita al Maliki, è un fatto molto emblematico…
Emblematico di cosa?
Di una possibile svolta. Come quello che sta accadendo in Siria, con Assad che sta riprendendo l’iniziativa con l’aiuto dell’Iran oltre che della Russia. Per non parlare del Libano. L’ultima notizia è che l’Arabia Saudita, cioè lo stato protettore di quella guerra civile da parte sunnita, sta finanziando pesantemente con milioni di dollari l’esercito regolare libanese perché si opponga alle milizie hezbollah sciite filo Assad.
Si può dire che una delle sue parti sta prevalendo in questo momento?
Difficile dirlo. In alcune parti sembrano prevalere Arabia Saudita e Qatar che finanziano questi gruppi. La Siria è sotto attacco ma, come dicevo, Assad sta riprendendo l’iniziativa. In Iraq, dopo la finta pacificazione, la situazione sta tornando indietro, non dico al grande caos e al bagno di sangue seguito all’invasione degli Stati Uniti di George Bush, ma a un punto in cui lo scontro tra estremisti sunniti di al Qaeda e sciiti è all’ordine del giorno con attentati, stragi o conquiste di città. Come sta accadendo nella zona di al Anbar, prima con Fallujah e adesso pare anche Ramadi. Si sta riproponendo, in piccolo, quello che succede in Siria. Poi c’è il Libano, che è il vaso di coccio di queste potenze, perché il governo sunnita deve fare i conti con l’opposizione sciita degli hezbollah. In quel paese gli attentati si ripetono con cadenza quasi regolare: una volta contro gli hezbollah, una volta contro esponenti sunniti. È questa la realtà che dobbiamo tenere presente in vista della conferenza di Ginevra. Se mai si farà. Non è ancora chiaro infatti chi saranno gli attori. In questa guerra civile dell’islam l’occidente, secondo me, deve dire qualcosa e giocare un ruolo.
Che ruolo?
In primo luogo Stati Uniti e occidente dovrebbero fare pressioni sull’alleato storico, a mio avviso molto infido, che è l’Arabia Saudita perché non vada avanti a fare questa guerra. L’alleato storico è anche il paese più integralista: dalla dottrina estremista wahabita infatti sono usciti prima Bin Laden, poi al Qaeda e adesso la guerra civile dell’islam. D’altra parte è interessante che gli Stati Uniti abbiano riallacciato il dialogo con l’Iran che è l’altra potenza che soffia sul fuoco di questa guerra. Rimane però da dire una cosa.
Prego.
Cinicamente si potrebbe dire: cosa importa a noi, facciano la guerra tra di loro.
E invece?
Primo, non possiamo ragionare in questo modo perché ci sono esseri umani che stanno morendo. Ma il fattore che rende ancora più tragica questa vicenda e ce la avvicina – ed è il secondo elemento – è che a pagare non sono solo sunniti e sciiti, ma anche i cristiani che vivono da secoli in quelle terre. Non c’entrano nulla in questa guerra, ma pagano il prezzo più alto. Padre Dall’Oglio ne è un simbolo, ma non solo lui. Pensiamo alle centinaia di migliaia di cristiani che sono dovuti scappare o sono stati uccisi in Siria. Pensiamo agli attentati di pochi giorni fa in Iraq nei quartieri cristiani, o a quelli contro la comunità caldea e così via. Questa è la cosa assurda dentro una situazione assurda di per sé.