La Corea del Nord è talmente impenetrabile che nessuno al mondo, neanche gli alleati cinesi, sono in grado di dire cosa possa avvenire all’interno del regime che detiene il potere. “Quando un leader in uno di questi paesi sottoposti a regime dittatoriale scompare dalle scene pubbliche, si tratta sempre di una dichiarazione a contenuto politico”. Lo dice Francesco Sisci, professore presso l’Università Renda di Cina, senior fellow al Gatestone Institute di New York (e autore dell’ebook A brave new China. The big change, GoWare 2014). Kim Jong-un infatti, il giovane dittatore coreano, non si vede in pubblico dallo scorso 3 settembre, un periodo estremamente lungo: si parla di problemi fisici, dalla gotta alla frattura delle caviglie, ma forse – spiega Sisci – stiamo assistendo a un regolamento di conti interno al regime. 



Sisci, che cosa è successo o sta succedendo a Kim Jong-un?

Nessuno è in grado di dirlo, tanto è impenetrabile il regime della Corea del Nord. L’unica cosa che sappiamo con certezza è che la presenza o l’assenza a eventi pubblici di un leader è sempre una affermazione politica; a maggior ragione in un caso come quello del regime nordcoreano. 



Che tipo di affermazione? Sulla stampa italiana, pur con cautela, si accredita l’ipotesi di una malattia, per esempio la gotta, o la frattura delle caviglie. Sarebbero questi inconvenienti ad aver determinato la sua “sparizione” dalla scena. Che ne pensa?

Kim Jong-un può essere malato o no, ma certamente quello a cui siamo davanti è un evento politico. Quello che non sappiamo è se è lui che si nasconde dalla scena pubblica per qualche suo motivo, o se è stato fatto fuori da altri. Le malattie, in questo e in tutti i regimi dittatoriali, sono sempre malattie politiche. Quando c’è invece un vero problema fisico si trova sempre il modo di coprirlo, come abbiamo visto tante volte in passato.



Secondo lei esistono elementi per supporre che la Corea del Nord sia fuori controllo? 

Va contemplata attentamente l’ipotesi che quanto sta succedendo sia un complotto ordito da Kim, una sua macchinazione per attirare l’attenzione o fare fuori nemici interni. 

Perché?

Perché sappiamo cosa è successo qualche mese fa, quando lo zio di Kim Jong-un, che era l’uomo più potente della Nord Corea nonché l’uomo che aveva messo il nipote al potere, non si è accorto della macchinazione ai suoi danni. E’ stato preso di sorpresa con cento suoi parenti e collaboratori ed è stato eliminato. Kim Jong-un è capace di colpire a sorpresa e mantenere segreto un suo piano anche con chi gli è più vicino.

Facciamo invece l’ipotesi che una macchinazione sia stata ordita contro di lui. E’ possibile secondo lei?

Se è stato ordito un golpe contro di lui, qualcuno del nuovo sistema dovrebbe essersi fatto vivo con i cinesi, con gli americani o con i sud coreani, ma nulla di questo è avvenuto. 

C’è stato però un episodio interessante: una delegazione di cui fa parte Hwang Pyong-so (numero due del regime) avrebbe passato il 38mo parallelo incontrando esponenti della sud Corea. Le pare possibile?

Se questi è effettivamente il numero due del regime e Kim Jong non c’è più, costui dovrebbe essere diventato il numero uno, ma il numero uno non partecipa a dei negoziati. Se invece è andato lui ai negoziati, allora Kim Jong è ancora al comando oppure c’è qualcun altro che ha preso il potere. Vede bene che è molto complicato capire cosa succeda in quel paese.

 

Qualunque cosa sia successa, in un senso o nell’altro, dove sta andando secondo lei la Corea del Nord? E’ immaginabile pensare ad aperture democratiche? 

Direi estremamente difficile se non impossibile. Questo paese è stato chiuso totalmente per 60 anni al di là di ogni immaginazione, aprirsi al mondo esterno sarebbe come portare una persona che è stata al buio per dieci anni alla luce. 

 

Allora potrebbe esserci un giro di vite ancora peggiore?

Al peggio non c’è mai fine. La Corea del Nord è stata data per morta decine di volte, secondo ogni regola razionale dovrebbe non esistere, invece non solo esiste ma resiste. Non ci sono dei punti di vista ragionevoli che si possono applicare a questo paese.

 

In questo quadro che ruolo gioca l’amico e alleato storico, la Cina? Esiste nei cassetti di Pechino una exit strategy da una eventuale “crisi”, o colpo di stato interno, in Nord Corea?

Molto difficile. La realtà è che nessun vuole prendersi in carico 22 milioni di disperati che si riverserebbero in Sud Corea, la quale non smania certo per averli. Sappiamo cosa ha significato la riunificazione fra le due Germanie ma qui sarebbe molto peggio. 

 

In che senso?

La differenza fra le due economie è maggiore che tra le due Germanie, mentre la differenza di popolazione è minore; la popolazione del nord è circa la metà di quella del sud e il carico sarebbe molto più pesante.

 

In conclusione che cosa può riservare il futuro di questo sfortunato paese?

Al momento tutti gli elementi citati in questa discussione fanno pensare che nessuno voglia prendersi questa patata bollente. I sud coreani vorrebbero un passaggio graduale del regime verso una qualche forma di apertura. Ma chi si fa carico di questa apertura? La speranza era che fosse Kim Jong, ma ci ha lasciati disperati e onestamente non so se ci sia ancora motivo di sperare sul futuro di questa nazione.