Massima tensione per le strade di Gerusalemme dopo che la polizia israeliana ha deciso di chiudere il Monte del Tempio sul quale si trova la Moschea di Al-Aqsa, uno dei luoghi in assoluto più sacri per l’Islam. Per il presidente palestinese Mahmud Abbas, la scelta del governo israeliano è “una dichiarazione di guerra”. Tutto è iniziato mercoledì quando un palestinese armato di fucile ha gravemente ferito Yehuda Glick, un cittadino israeliano di estrema destra. Ora si rischia una nuova escalation e come spiega Michael Herzog, generale in pensione dell’esercito israeliano e autore di editoriali pubblicati su Haaretz e Financial Times, quando avvengono scontri a Gerusalemme ci si trova già di per sé in una situazione di estremo pericolo.
Che cosa sta accadendo a Gerusalemme?
C’è stata un’escalation che ha reso l’atmosfera molto tesa, e quindi i commando della polizia israeliana a Gerusalemme hanno deciso di sigillare temporaneamente il Monte del Tempio. Degli israeliani di estrema destra volevano salire sul Monte del Tempio per protestare contro il tentato assassinio di Yehuda Glick, e i palestinesi si preparavano a fronteggiarli. Nel timore che le violenze divampassero, la polizia ha stabilito di proibire l’accesso nell’intera area.
Una decisione così drastica era giustificata?
Quella in cui ci troviamo è una situazione pericolosa, perché Gerusalemme è estremamente importante per entrambe le parti in causa. I leader politici e religiosi devono fare di tutto per calmare la situazione, o ci troveremo di fronte a un nuovo inasprirsi delle tensioni.
Il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, ha dichiarato che la chiusura della moschea al-Aqsa è “una dichiarazione di guerra”. Lei che cosa ne pensa?
E’ una frase esagerata. Invece di calmare l’atmosfera, queste parole di Abbas rischiano di infiammarla. La decisione di chiudere il Monte del Tempio non è di natura politica, ma è finalizzata a impedire scontri ben più gravi tra israeliani e palestinesi. Proprio per questo l’intervento di Abu Mazen è tutt’altro che di aiuto. Entrambe le parti devono comprendere che quando si tratta di Gerusalemme, nessuno può permettersi di giocare con la violenza. Gerusalemme è la città sacra di israeliani, musulmani e cristiani e quando avvengono scontri al suo interno ci troviamo già di per sé in una situazione molto pericolosa.
Che cosa si aspetta che accadrà?
E’ molto difficile dirlo, perché ciò che è avvenuto è qualcosa che è al di fuori del controllo dei leader politici. Gli israeliani di estrema destra non sono pienamente controllabili dal governo Netanyahu, e gli stessi residenti palestinesi quando sono in preda alla rabbia sono molto difficili da calmare. In questo momento nessuno sa quindi che cosa accadrà, spero che non ci sarà nessuna escalation. Tanto israeliani quanto palestinesi dovrebbero essere consapevoli del pericolo che stiamo correndo tutti quanti in questo momento.
Gli estremisti di entrambe le parti stanno dettando la loro agenda politica tanto al governo israeliano quanto all’autorità palestinese?
Sì, c’è un serio e concreto rischio che gli estremisti riescano a imporre il loro programma, anche se spero che riusciremo a fermarli in tempo.
Che cosa può fare il governo israeliano per impedire che ciò accada?
Quando si tratta di Gerusalemme dobbiamo usare la massima cautela. Da un lato quindi c’è quanto la polizia sta compiendo per impedire un’escalation ed evitare frizioni tra israeliani e palestinesi in quell’area. Ciò che accadrà oggi in occasione della preghiera del venerdì sarà decisivo. La polizia israeliana farà qualsiasi sforzo per impedire che gli estremisti di destra sfruttino questa situazione per esacerbare gli animi. Quando però ci sono movimenti di piazza di questa portata è sempre possibile che si verifichi qualche imprevisto.
C’è il rischio che si ripeta una crisi come quella di quest’estate?
Ci sono tensioni politiche tra israeliani e palestinesi, specialmente in conseguenza del collasso dei negoziati di pace e di quanto sta avvenendo a Gaza. D’altra parte Israele sta collaborando con l’Autorità palestinese alla ricostruzione di Gaza. C’è un accordo tra Onu, Israele e Autorità Palestinese. L’attuale momento politico aumenta però i rischi che la situazione per la sicurezza peggiori anche sul terreno. Non mi attendo una Terza Intifada, ma ci sono tensioni sul terreno che vanno risolte non soltanto attraverso le forze di polizia ma anche con una mediazione politica.
(Pietro Vernizzi)