Un altro ostaggio statunitense, Peter Kassig, è stato decapitato, come annunciato in un nuovo video dall’Isis, dove viene mostrata l’uccisione del prigioniero in Siria. E non solo: nel video si vede anche la decapitazione di massa di 15 soldati siriani fatti prigionieri. I jihadisti con in mano un grosso coltello fanno inginocchiare la vittima e la decapitano. Kassig, 26 anni, si chiamava Abdul Rahman Peter da quando si era convertito all’Islam. Rapito il primo ottobre mentre si trovava in Siria, lavorava come operatore umanitario. Ex ranger, aveva intrapreso dei corsi per diventare assistente medico, poi trasferitosi in Libano aveva fondato l’organizzazione no profit Sera, Special Emergency Response and Assistance. Era poi andato in Siria per l’organizzazione Sera e lì è stato catturato nei pressi di Deir Ezzor, nell’est della Siria, un anno fa. In una lettera scritta ai genitori che porta la data del 2 giugno, il giovane aveva scritto: «Ho paura di morire, ma la cosa più difficile è non sapere, immaginare, sperare se posso addirittura sperare ancora. Sono molto triste per ciò che è successo e per quello che voi a casa state passando. Se dovessi morire, immagino che almeno voi e io possiamo trovare rifugio e conforto nel sapere che sono partito nel tentativo di alleviare la sofferenza e aiutare i bisognosi. In termini di fede, prego ogni giorno e non sono arrabbiato per la mia condizione. Sono in una complicata situazione dogmatica qui, ma sono in pace con il mio credo».  Su Twitter a nulla sono serviti gli appelli fatti dalla madre di Peter rivolgendosi direttamente al Califfo dell’Isis Abu Bakr al Baghdadi. «Sto provando a mettermi in contatto con lo Stato islamico a proposito della sorte di mio figlio. Sono una donna anziana e Abudl Rahman (Peter, ndr) è il mio unico figlio. Mio marito e io siamo soli, senza alcun aiuto dal governo. Vorremmo parlare con te. Come possiamo raggiungerti?», si legge nell’appello scritto il 9 ottobre. Il “Mail on Sunday”, intanto, riferisce la notizia, che non è stata confermata, secondo cui “John il boia”, l’assassino dall’accento britannico dei giornalisti James Foley e Steven Sotloff, sarebbe rimasto ferito in un raid aereo Usa, nel corso di una riunione dei leader dell’Isis in una città irachena, nei pressi della Siria, la scorsa settimana. (Serena Marotta)



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